«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

mercoledì 4 giugno 2014

Punto di non ritorno?

Negli anni ne abbiamo visti di ogni tipo: gorilla, orsi, supereroi, gente mezza nuda se non del tutto, falsi preti. E negli ultimi 15 anni comportamenti oltre il limite che faranno fatica a sparire.
Ne avevo già scritto qualche anno addietro sul comportamento di certa gente, che probabilmente di ciclismo ne capisce quanto un parlamentare dei problemi della gente. E forse per il fatto che questa volta a rimetterci è stato un atleta italiano che si stava giocando la corsa, il comportamento esasperato di una parte del pubblico ciclistico sullo Zoncolan (e in qualche momento anche sul Grappa il giorno precedente), stavolta fa scrivere nel web più del solito. I motivi ci sono tutti, visto che questo andazzo è dagli anni ’90 che si fa vedere – è proprio il caso di dirlo – ad ogni edizione di un grande giro. Fino a una quindicina di anni addietro capitava di vedere degli spettatori rincorrere gli atleti, ed ogni tanto ci scappava qualche maledizione per via di gente che sembrava volesse corrersi tutti gli ultimi 20 chilometri di gara fianco al gruppo: “Ma quando si toglie quel mona?!” era il commento tecnico che poteva scappare ad un telespettatore veneto. Però erano situazioni che trovavi ogni tanto. Oggi invece sai che non dovrai aspettare molto per vedere che lungo una salita, solitamente faticosa e affollata, spunteranno personaggi che a piccoli gruppi si ficcheranno in mezzo alla strada per far sapere al mondo che esistono. Gente che se ne frega dell’atleta e che rincorre un’inquadratura che li consegni alla storia. Purtroppo è una storia vecchia. La tivù ti fa diventare qualcuno. Condizione apparentemente vitale per chi crede di essere niente e quindi ‘deve’ diventare quel qualcuno.
Quasi certamente questi comportamenti andranno avanti ancora. La televisione non può permettersi di ‘staccare’ da una determinata inquadratura, se si tratta di un momento di gara importante. E difficile è anche che la gente capisca che deve darci un taglio. Chi bazzica, quando può, le strade del Giro non vede solo passione e amore per una disciplina sportiva, me pure gente che sulle strade del Passo Tal dei Tali si porta appresso una mezza sbronza alle due del pomeriggio. Perché ci sono poche possibilità di un cambiamento in tempi brevi? Perché si tratta di far riflettere la gente, di fare educazione comportamentale in ambito sportivo. Quella roba che si chiamerebbe Educazione Civica. Praticamente una bestemmia. Quando hai gente che per fare il loro spettacolo di cabaret studia preventivamente le zone dove non c’è personale addetto alla sicurezza per la corsa (Alpini o Protezione Civile), tanti saluti. Sullo Zoncolan certi spettacoli non hanno preso vita negli ultimi chilometri. E di certo non possiamo pretendere che gli appassionati veri li prendano a calci in culo (anche se sul Grappa due fighetti che spingevano qualunque cosa si muovesse ci sono arrivati molto ma molto vicino). Chiamiamoli imbecilli, deficienti oppure come vi pare, ma fessi no di certo e probabilmente dovremo tenerceli ancora per un pezzo.

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