«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

mercoledì 1 giugno 2016

Giro 2: parlare di doping si, e senza trattarci da cretini, grazie

Nella puntata di giovedì 19 maggio al proCESSO alla tappa ‘spiegamento di forze’ per parlare di doping e di Danilo Di Luca, senza nominare il doping e senza nominare Danilo Di Luca. Suor Alessandra invita alcuni ciclisti per difendere l’immagine della categoria dalle cose che sono riportate nel libro dell’ex scalatore abruzzese. Se da una parte si può certo condividere il bel sentimento di voler difendere i corridori dando loro la parola, con Manuel Quinziato come voce principale del gruppo in questa occasione, è apparsa abbastanza penosa la scelta di non voler nominare Di Luca per nome, ma come un’entità denominata “un ex ciclista che non ha lasciato un bel ricordo”. Nota positiva, o almeno di buon gusto, il fatto che non è stata data la parola a Garzelli, espulso dal Giro 14 anni addietro per questioni doping, e oggi opinionista RAI. Ma se si vuole difendere il ciclismo non serve a niente non fare nomi, solo per non fare pubblicità al libro di Danilo Di Luca, con il ‘rischio’ così di dargli la possibilità ce gli permetta di riflesso di vendere ancora di più. E se la gente ha sempre un alone di sfiducia, Suor Alessandra convochi tutti i ciclisti (basterebbero solo gli italiani, e ve ne sarebbe un buon gruppo per riempire lo studio) che hanno avuto magagne doping nella loro carriera. Perché la sfiducia della gente non nasce con il libro dell’ex dopato Di Luca, ma da ben prima, con troppi ex che sono purtroppo finiti a guidare un’ammiraglia, o con un microfono addosso per spiegare come si fa il ciclista. Meglio Martinello, che come ‘previsore’ del tempo fa pena, che continuare a spiegare le cose dosando le cose da dire, e soprattutto quelle da NON dire con nomi e cognomi.

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