«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

venerdì 23 dicembre 2011

Il ciclismo davanti al caminetto.



QUESTO E’ UN’ARTICOLO “PARTIGIANO”. DI QUELLI IN CUI UNO SE LA SUONA E SE LA CANTA. QUESTO PER CORRETTEZZA NEI CONFRONTI DI CHI LEGGE.
“PER L’ATLETA (DELLA DOMENICA) CHE NON DEVE CHIEDERE MAI!”, PARLIAMO DI INTEGRATORI. OGGI LO SPORT SEMBRA TALE SOLO SE VISSUTO IN QUESTA MANIERA.

La mia passione per doping e dintorni (!) fa si che ogni tanto compri anche dei libri sull’argomento. Impressionante vedere quanti prodotti esistano oggi per ogni cosa. Se domani mattina troverete l’integratore specifico da usare dopo uno starnuto (perdita di liquidi?), state tranquilli è tutto normale.
Oggi possiamo acquistare degli integratori per il post gara o il post allenamento, in maniera tale da poter “spingere” il nostro corpo a correre più veloce verso il recupero. Se papà, mamma e tal Padreterno vi hanno forgiato in un certo modo, avvisateli che il loro Copyright è andato in malora. Il vostro corpo è stanco? Avere bisogno di 25/30 ore per recuperare un determinato sforzo fisico? Sveglia mammolette!, pigliate una bustina di questo e vedi se dopo 20 ore non sei lì che consumi l’asfalto a passarci sopra! Personalmente considero questi prodotti “acceleranti” come il primo entusiasmante passo verso il doping.
Ricordate quando diversi anni addietro lo staff medico della Juventus finì in tribunale, perché somministrava creatina ai suoi giocatori? Si gridò, anche giustamente, al pericolo doping nel pallone. Oggi la creatina potete comprarvela senza problemi in farmacia, tanto è presente nel libero mercato, ma potremmo anche chiamarlo super-mercato, degli integratori.
Molto bello il “linguaggio” pensato e usato da chi scrive libri pro-uso di questi prodotti. Non parleranno mai in maniera negativa di una sostanza “integrante”. Ci diranno di cosa è fatta (solitamente con paroloni lunghi mezza riga), ci diranno a cosa serve, e per rispondere alla domanda “Mi fa bene o male?” allora si appoggeranno sul famoso studio dell’egregio professor, cavalier di gran croc, emerit dott, gran figl di putt., visconte COBRAMM!!!, che vi dirà tutte le cose che voi non chiedete.
Dal punto di vista economico tutti zitti chiaramente. Mai dire che la frutta secca vi darà le stesse calorie (calorie = gambe che girano) della famosa barretta energetica, costando meno della metà a parità di peso del prodotto, e che la prima regala una digeribilità migliore perché è soltanto un pezzo di frutta senz’acqua e quindi semplicemente più naturale, e quindi meglio “accettata” dallo stomaco. E non si può certo dire in giro che spendendo una decina di euro all’anno, possiamo prepararci qualche decina di borracce sapendo quel che beviamo, con un semplice “intruglio” casalingo. Oppure che se volete tanta energia a pochi soldi, con il miele… vabbè dai!, non voglio annoiarvi, soprattutto parlando di cose che non sono alla moda. Dopotutto questo era un’articolo dove me la cantavo e suonavo.
Chiudo con la pubblicità sulle riviste; “Scatta oltre il limite!” oppure “…per affrontare tre quarti del percorso senza sentire la fatica” (ci rendiamo conto?), e tutte frasi che sono pensate apposta (gli slogan pubblicitari sempre più frequentemente vengono valutati da psicologi, che credete?) per farci credere che quando stiamo facendo sport diventiamo una specie di genìa superiore, e che quindi non possiamo accontentarci di mangiare cose “normali”. Marmellata? Roba da ragazzini! Sarà per questo che non cresco mai quando sono sulla bici?
W la Guderzo e buone feste a chi se lo merita sul serio.

sabato 10 dicembre 2011

Il ciclismo davanti al...... caminetto?



COME OGNI DICEMBRE ARRIVA IL MOMENTO IN CUI PRENDIAMO DA PARTE LA NOSTRA COCCA, E LA TIRIAMO A LUSTRO. SONO QUEI GIORNI IN CUI RIESCI AD ESSER UN TUTT’UNO CON LEI, ANCHE SENZA PEDALARCI SOPRA.

La radio è accesa. Un po’ di musica fa sempre bene quanto si può averla vicina. Sopra il tavolo della cantina straccio, liquido pulente e sgrassante per catena e compagni, chiave a brugola per smontare questo e quest’altro. Il termometro della “caneva” (la cantina, nel mio dialetto) segna 9 gradi. La mia piccola finisce in cantina solo una o due volte l’anno. Quando ci sono le pulizie pesanti.
Via le ruote, via i copertoncini dai cerchi, via portaborracce, catena, moltipliche, via pure il cambio; per certe cose ti voglio nuda baby, lo sai! Graffi al telaio. Un paio, piccoli, sono nuovi. In primavera non c’erano o non li avevo visti. Pulisco il telaio. Nel passare lo straccio sui tubi, mi sembra di sentire la bici dirmi; “Ooohh, finalmente,…” come un gatto che si stiracchia di gusto, dopo il sonnellino sopra il cofano tiepido della mia macchina. Dalla radio i Roxy Music con un loro vecchio successo. Che rogna pulire bene i freni.
Telaio mio sei lindo adesso. Prima sembravi il sangue di Riccò. Ora le ruote, che sono il gioco della pazienza. Lascio perdere. Non c’è fretta di rivestirti piccola, continueremo domani. Penso a quei graffi “nuovi” sotto il tubo obliquo, e mi vengono in mente le sassate, involontarie, che le ruote dei miei amici a volte mi sparano addosso. Saranno quei “TENNG!” improvvisi a lasciarmi la firma?
Che palle pulire i raggi che “cadono” nel mozzo. Caro, vecchio e usato spazzolino da denti, ma lo sanno i ciclisti che per certi angoli quasi impossibili sei fantastico? Ora i raggi lavorati di straccio, uno per volta, fino al cerchio. Ecco fatte anche le ruote.
Che pazienza per il “pacco” dei pignoni. Mancano cambio, catena e moltipliche. Quello che è il lavoro di fino. Devo ricordarmi di dare una tirata a qualche raggio nella ruota dietro. Basta per oggi. Tre quarti del lavoro è fatto. Forse domani sarà tutto finito; “Dai Manuel, finirai domani. Dove ti scappa senza ruote?” mi dice simpaticamente dal muro Maurizio Fondiest. La Bronzini, Indurain, Pantani, Armstrong ne convengono, insieme agli altri amici “inchiodati” al muro delle scale a scendere in cantina. Saluto anche loro e salgo in casa.
L’odore del petrolio (bianco raffinato, se interessa) riempie la cantina. La catena starà mezz’oretta in ammollo. Dov’è il pennellino? L’avevo messo sul tavolo due minuti fa cazzarola! Le moltipliche sono facili da pulire. Ci vuol più tempo a montarle. Intanto la catena è sempre in ammollo. Ora il cambio. Amico mio, sei sempre “incarognito” li dentro? Fa vedere… eh si, anche quest’anno, che palle amico bello! Ma visto che da 10 anni mi funzioni come un’orologio….
Manca la catena. Oplà!, vai di pennello adesso, che togliamo il lercio raccolto dalla strada. Staccio, e via con l’asciugatura. Ormai sto finendo, ultime pulite ai portaboraccia. Su le moltipliche, il cambio, le ruote che hanno come vestito camera d’aria e copertoncini. Vai di olio nel movimento centrale, sui “coni” delle ruote, una goccia di numero sui freni, e ora dai che la catena torna al suo lavoro. W le chiavi apri-catena!
Piccola, sembri quasi nuova! Una centratina alla ruota dietro… fatto, finito! Radio su “Off”. Ora su nello stanzino, su nel cavalletto, lenzuolo a coprirti e adesso dormi. Ci siamo fatti un bel giro baby, quanti posti m’hai fatto rivedere in questi tre giorni in cantina!

giovedì 1 dicembre 2011

Dicembre: l'editoriale.



LA NOSTRA FEDERCICLO NON DEVE ABBASSARE LA TESTA DAVANTI ALLE LAGNE DEI CICLISTI CHE HANNO AVUTO ROGNE CON IL DOPING. LA SECONDA CHANCE L’HANNO AVUTA; NON AVER DOVUTO “ANDARE A LAVORARE”!

“Il divieto deciso dalla Federciclo, su spinta pesante del Coni, riguardo al non convocare ciclisti che hanno avuto squalifiche per doping in nazionale, o al divieto di poter correre i campionati nazionali, fa discutere fin dalla sua applicazione. È recente l’idea di Basso di scrivere a Di Rocco per cambiare questa presa di posizione. Facilmente il bi-vincitore rosa troverà diversi ciclisti concordi (Scarponi, Petacchi, Di Luca,…), in modo da far tornare questi atleti nel giro azzurro.
Speriamo che Di Rocco rifiuti, perché questi sportivi hanno avuto la loro famosa seconda chance. Invece di dover “andare a lavorare” sono tornati in gruppo, sono tornati in squadre di primo piano quasi tutti, hanno riavuto i loro stipendi che sono comunque sempre migliori di gente che si fa un sedere così quasi ogni mattina per sbancare il lunario.
Che la nazionale italiana perda in qualità siamo d’accordo, ma bisogna farla finita di chiudere un’occhio per comodità di possibili vittorie, e iniziare invece a “tirare la volata” ad uno sport meno pieno di sporcizia (mai si riuscirà ad eliminarla tutta), che adombra quegli atleti od atlete che cercano di fare sport veramente pulito.
L’atleta, dopo aver imbrogliato, o tentato quest’ultima carta, ringrazi il cielo che può tornare a gareggiare. Patetiche, per essere elegante, le considerazioni che tal giornalista ciclistica televisiva (indovinate chi) ha fatto in passato, dicendo che gli uomini meritano la possibilità di ripartire perché chi si rialza dopo essere caduto e aver pagato merita rispetto. Stando a questo discorso uno può imbrogliare 10 volte, ma siccome vuole rialzarsi 10 volte merita una seconda possibilità. Ma questa stramaledetta seconda possibilità quante seconde volte la dobbiamo dare?
Di Rocco mantenga questa linea sicuramente impopolare, ma che deve essere portata avanti con decisione. Quando arrivò l’obbligo sull’uso del casco tanti a lamentarsi, quando arrivò l’esame del DNA tanti a lamentarsi (Bettini tra tanti), mi pare che il mondo è andato avanti lo stesso. Rinunceremo a Basso, alla Bastianelli, a Di Luca, alla Cucinotta in azzurro, ma ne guadagneremo in quella linea derisa dai più che si chiama onestà. Cassani disse in passato che chi deve correre esibendo certificati medici, meglio lasci perdere. Poi l’ex ciclista non è più potuto tornare sull’argomento. Forse perché da 15 anni a questa parte c’è stato un moltiplicarsi di persone “malate” che fanno ciclismo, senza distinzioni di categorie?
Fermiamoci qui perché si rischia di essere noiosamente ripetitivi, visto che certo concetti di questo articolo sono stati scritti e riscritti già tante volte in questi anni.”




mercoledì 23 novembre 2011

Il ciclismo davanti al caminetto.



CONTINUANO I TRAVOLGENTI MOMENTI DEL CICLISMO DAVANTI AL CAMINETTO. STAVOLTA CI DIAMO SOTTO ALLA GRANDE CON LA CULTURA.

Guarda che bellina la cima tutta bianca,
la bici adesso dorme, la gamba è un poco stanca.
Trionfa un buon novello, quì sopra il tavolino,
le bestie dormon tutte, dall’orso al topolino.

Ci sono dei ciclisti, ma non alla mattina,
ne vedi solo il naso, e sfidano la brina.
Si pensa al sol d’aprile, oppure a quel d’agosto,
che adesso vola basso e presto è già nascosto.

Pian piano all’orizzonte arrivano le feste,
e tutti son più buoni, ma quante belle ceste!
La nebbia agli irti colli piovigginando sale,
e sotto il maestrale mi ficco dentro un bar.

Correndo con la mente, si pensa a quel ch’è andato,
lo scrivi sullo schermo e quel ch’è stato è stato.
Ricordi ben più vivi, li ho di me ragazzo,
ma meglio non far rima, sennò ci scrivo *****.

Allora torno serio e penso ad occhi chiari,
secondi solamente a una pole della Ferrari.
Riguardo dentro al cuore, rivedo quant’è bella,
ricorda il retrogusto di pane e mortadella.

Si svuota la bottiglia, finisce la poesia,
che incredibilmente è tutta cosa mia.
Riguardo in cima al monte e osservo quella neve,
e penso a quando cade, silente, fredda e lieve.




sabato 29 ottobre 2011

Lamezia Terme; 5 dicembre 2010.

WWW.LAMEZIATERME.IT PER LEGGERE DELLA CONDANNA CHIESTA PER IL PLURIOMICIDA.

lunedì 26 settembre 2011

Quell'Italia che vince (ancora).



MENTRE ADESSO SARANNO IN TANTI PRONTI A SALTARE SUL CARRO VINCENTE DELLE RAGAZZE DI SALVOLDI, SI E’ CHIUSA L’AVVENTURA IRIDATA DI COPENAGHEN.
PER IL TERZO ANNO CONSECUTIVO, PROPRIO L’ALTA META’ DEL SELLINO HA SALVATO IL SEDERE ALL’FCI.

Va in archivio un’edizione iridata che ciclisticamente parlando è stata avara come poche. Nemmeno la buonanima di Walt Disney poteva avere fantasia sufficiente per inventarsi qualcosa, su di un percorso in cui l’ostacolo più delicato era rappresentato dal “prendere” sul lato destro una rotonda, a due chilometri dalla fine.
Nelle categorie del domani, sembra che ci si debba attendere un ritorno in grande stile della Francia. I “bleu” hanno vinto le prove juniores e dilettanti maschili in maniera netta. Nell’altra metà del sellino, mancando di categoria under 23, il ciclismo femminile juniores porta l’iride alla Gran Bretagna. Ma senza categoria “di passaggio” per le elite, lo scalino è talmente grande che non si può fare ancora molto affidamento nel futuro, riguardo alla britannica Clara Hughes.
Per quanto riguarda i nostri rappresentanti avevo scritto che il cambio generazionale, a volte scelta obbligata, avrebbe potuto rappresentare un handicap. Infatti nel momento in cui l’Italia di Paolo Bettini doveva impostare la volata per Bennati, negli ultimi 4-5 chilometri, quest’ultimo si è ritrovato da solo a guardarsi intorno. Un po’ ridicolo. E siccome tra Bennati e Cavendish ci sono due scalini di differenza, o hai la squadra o combini poco. La nazionale italiana si è liquefatta sotto il sole primaverile dell’autunno danese.
È stata nuovamente l’orchestra elite del CT Salvoldi ha far capire (per la 4 volta in 5 anni) che un gruppo iridato non lo puoi costruire soltanto con l’entusiasmo. Le ragazze italiane vengono da diverse squadre, che per tutto l’anno corrono l’una contro l’altra. Ma siccome il lato forte di Salvoldi è di ricercare la qualità, unita ad una silenziosa serietà, la base di partenza è sempre sicura. Monia Baccaille e Giorgia Bronzini fanno a gomitate tutto l’anno in volata, ma al momento buono Monia “serve” all’atleta della Forno d’Asolo un bis-iridato come non si è visto da nessuno in tutto il mondiale. Così Tatiana Guderzo, anche lei “nemica” della piacentina durante la stagione, le resta vicina tutta la corsa per tranquillizzarla sull’andamento della gara. E quando la gara è entrata nelle fasi decisive, ecco saltar fuori la Cantele, la D’Ettorre, la già citata Baccaille. Dopo che le “ragazzine” (Longo Borghini, Cecchini e Scandolara fanno nemmeno 60 anni insieme) hanno controllato la prima metà della corsa, le senatrici hanno preso in mano la regia negli ultimi chilometri.
Questa è l’Italia di Salvoldi. CT che guadagnando 35.000 euro all’anno ha portato 108 medaglie all’FCI tra Mondiali, Olimpiadi, Europei, pista, strada in linea, strada a cronometro, elite, juniores. Commissario Tecnico che segue ragazze che lavorano mezza giornata e poi si allenano, altre che studiano e poi vanno in pista fino all’ora di cena, e poi tornano sui libri magari ficcandoseli dentro il borsone per portarseli dietro in giro per l’Europa, perché appena tornate avranno un dannato esame da superare.
Personalmente racconterei volentieri questo ciclismo se ne avessi le possibilità. Chi può farlo (TV, siti pseudo-specializzati, riviste) iniziasse una buona volta. La storia di quello che ha il pane fresco e lo lascia invecchiare per lamentarsi che nessuno lo mangia ha stufato. Almeno chi scrive.

domenica 28 agosto 2011

Dal palo alla frasca; e chissenefrega.



PER FAR CREDERE CHE QUESTO SITO ABBIA UN CERTO LIVELLO CULTURALE, DEDICHIAMOCI A RIFLESSIONI CICLISTICO/ECOLOGISTE. SALTIAMO DA PALO IN FRASCA, E VEDIAMO CHE MINESTRONE SALTA FUORI.

Un’immagine che ogni anno ritorna e che possiamo rivedere e rivivere, almeno finché non arriveremo a tagliare il nostro traguardo, è quella legata al silenzioso tramutarsi del creato verso il colore autunnale. Un cambio di vestito che alcuni non riescono a sentire come altri, perché magari circondati da palazzi, incroci stradali, enormi cartelloni pubblicitari variopinti, e gente che rischia la pelle per andare a comprare il giornale all’edicola dall’altra parte della strada. Progresso.
Da 50 anni a questa parte, noi uomini abbiamo inventato una parola; ecologia. Una volta infatti l’ecologia non esisteva. Era semplicemente vita di tutti i giorni.

“Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce…” (Mario Rigoni Stern)

La bicicletta riesce a portarti in cento angoli del mondo. Anche se forse la bicicletta è solamente la “macchina” che può darti la possibilità di arrivarci. Il tutto grazie alle nostre gambe, che iniziano a spingere dopo un’ordine partito dal cervello, sospinto a sua volta da un desiderio che nasce nell’animo. Ma questi sono discorsi da sport psico-non-so-cosa, discorsi cervellotici che possiamo mettere da parte.
Quello che la bicicletta ti da è salute. A volte ti porta amicizie, spesso non viene usata quando ci vorrebbe. Avete mai fatto ritorno a casa col nervoso nell’animo? Non hai voglia di far niente. Ti senti stanco anche se non lo sei poi tanto. Fatevi mezz’ora di corsa a piedi, pedalate due ore su una bici. Uscirete da casa portando con voi malumori vari. Tornerete portando a casa soltanto stanchezza. Il nervosismo lo avrete scaricato in qualche angolo del mondo a prender polvere.

“L’essenziale è invisibile agli occhi, lo si vede solo col cuore” (A. De Saint-Exupery)

Dove abito io l’autunno ti manda i suoi avvertimenti nelle mattine di fine agosto. Non abbiamo bisogno dei colonnelli dei telegiornali per sapere che la stagione cambia. Le siepi, le foglie degli alberi, sono manifesti che ti scrivono, ti parlano, ti mettono sull’avviso.
La bicicletta mantiene buone le gambe ed il cuore. Non devi pagare l’RCA, non devi pagare il bollo di circolazione, non devi pagare benzine varie, non devi pagare revisioni, non ci sono bollini blu (da pagare!), non devi pagare parcheggi, non inquini, non fai casino.
Fai fatica. Questo si. Ma se abbiamo paura della fatica, povero mondo.



venerdì 12 agosto 2011

EUREKA!!


EVVIVA! CHE EMOZIONE! PRIMA O POI SAREBBE ARRIVATO!
ADESSO ANCHE CICLISTI E CICLISTE DELLA DOMENICA POTRANNO DIVENTARE MOTO-CICLISTI DELLA DOMENICA. I CICLISTI ONESTI RINGRAZIANO.

Si, è arrivato. Sospettato, indagato, perfezionato, ora commercializzato su vasta scala. Costa caro, ma l’orgoglio non ha prezzo. Il motorino che può venire montato e nascosto nel tubo piantone delle specialissime, adesso può fare la felicità del ciclista della domenica.
Non scriverò il nome dell’azienda, ed il prezzo dell’oggetto. Costa molto caro, ma state certi che la soddisfazione di vincere il salame nella corsa di paese è sempre ben vivo. Figurarsi ben figurare in qualche granfondo.
Viene ficcato dentro al vostro telaio in modo che venga visto solo da voi e dal vostro meccanico. Funziona con una batteria che viene messa sotto la sella. Stai a vedere che arriveranno in commercio borsellini diversi da un tempo?
Ma c’è una brutta notizia (per il momento). È adatto a telai in alluminio oppure acciaio. Vuoi vedere che tra qualche anno l’acciaio verrà riscoperto? Il peso è di poco inferiore al chilo.
Dopo il cambio che si adatta alle pedalate al minuto, e cambia automaticamente quando supera un certo numero di colpi di pedale, ecco arrivare la spinta sempre pronta. Prepariamoci alle borracce a ricarica automatica, alle ruote auto-gonfiabili in movimento appena si bucano e a corse della domenica sempre meno vere.
Visto che il doping sugli uomini è difficilmente migliorabile mancava la bicicletta. Ci siamo. Saremo tutti campioni: wow!!

lunedì 11 luglio 2011



Carly Michelle Hibberd; 21 maggio 1985 – 6 luglio 2011

Australiana, correva per i colori del GS A-Style Fiorucci/Cassina Rizzardi, dopo due stagioni con il GS Michela Fanini.
Viveva da 6 mesi a Lurate Caccivio e ad ottobre avrebbe indossato un’abito tutto bianco dentro una chiesa ornata a festa.
È morta mercoledì scorso a causa di un’automobile che le ha tagliato la strada durante uno dei tanti suoi allenamenti. La giovane è spirata sul colpo.

martedì 28 giugno 2011

Pausa,...respiro,...GIRO!


“Oh, silente speranza. Tu che vivi nel sospirar della gloria, e che ode alcuna mai ti raggiunse…” (foto; Il Giornale di Vicenza).

DALLA CITTA’ DEI 7 RE, PASSANDO PER GLI APPENNINI, FINO ALLA TERRA DI GIULIETTA PER ARRIVARE ALLE PORTE DI TORINO.
E POI LA VAL DI DENTRO, LE TORRI DI FRAELE, IL SOLE DI LUGLIO, IL MORTIROLO, IL MURO DEL FERRO,…
930 MOTIVI PER GUARDARLO, 10 GIORNI PER VIVERLO.

“Ciao.
Io sono il Giro. Il Giro d’Italia.
Si, come quello che vive da più di cent’anni. Ma non sono lo stesso. Sono più giovane, sono un Giro diverso.
Non sono quell’evento di maggio che forse conosci in ogni sua piccola cosa, in ogni suo nome, in ogni sua strada. Io nasco nel sole dell’estate. Sono il vero Giro in rosa, che più rosa non potrebbe essere.
Ho anch’io le mie imprese, le mie fughe, le mie emozioni, le mie campionesse, i miei difetti, i miei pregi. Lo sai che quando iniziai a scendere in strada per riempirla dei miei colori, tanti mi guardavano come fossi soltanto una storiella carina da guardare e da raccontare? Eppure anche io ne regalavo di fatica, e v’erano fior di cicliste!
Allora qualcuno ha iniziato a fermarsi un po’ di più ad osservarmi, a conoscermi, a curiosare su di me. Scoprendo che la passione, la fatica, e a volte le lacrime per una vittoria o per una corsa andata male, le regalavo anch’io a chi mi guardava.
Anche in questa estate sono qui che aspetto la gente. Con il sole, con la pioggia, io passerò. E aspetto anche te.
Chi potrai vedere? Beh, ti porterò le cicliste migliori al mondo, le migliori scalatrici, le migliori velociste, le migliori squadre. Lo sai che sono la corsa più importante del calendario? Se i maschietti hanno il Tour, le cicliste hanno me.
E se ci sarai anche tu, allora si che potrò dire di essere stato un bel Giro.
Io ti aspetto. Che fai?”




sabato 4 giugno 2011

Pagelline rosa.



CHI PROMOSSI E CHI BOCCIATI? MOLTO PERSONALI NEI GIUDIZI, TORNANO LE SEMISERIE PAGELLE DEL GIRO.

Voto 14; Andrey Tchmill
Sabato 28: a domanda di suor Alessandra; “Allora, Pozzato rimane?” risposta; “Nel ciclismo sicuro!” Pozzato inizi a cercar squadra.

Voto 10; Alberto Contador, Dino Zandegù e striscione alla partenza da Torino.
Graziato dalla giustizia spagnola (giusto era dargli almeno 6 mesi), lo si aspettava al Giro per vederglielo vincere sulle montagne. Come sono iniziate le salite ha dato una spazzolata a tutti già sull’Etna, facendo capire cosa sia uno che vince tre Tour.
Il brano “El Contador” (di Zandegù – Zandegù) sarebbe da mandare in onda a nastro nelle radio. Magari nella zona di Madrid.
Striscione a Torino; “Alberto, domani grigliata. Porti tu la carne?”

Voto 9; Andrea De Luca
La scommessa di Bulbarelli forse è vinta. De Luca, collegato da Moto 1, riesce ad incrociare un racconto in diretta riguardante la 1^ guerra, con i piatti tipici del bergamasco e dintorni. Il maestro ha un buon allievo.

Voto 8; Stefano Garzelli e Silvio Martinello
Garzelli arriva vicino al tramonto della carriera – correrà fino al Giro 2012 – vincendo la sua seconda maglia verde. Bravo.
Martinello racconta in diretta ad una puntata del “Processo” le fasi più interessanti della tappa di giornata; “…ed ecco i protagonisti della fuga di oggi…” sbagliando vocale ed usando la “I” al posto della “U”.
Savoldelli direbbe; “A VOI!!”

Voto7; mercoledì 25 maggio. Partenza di tappa da Feltre
Una signora chiede a mio fratello; “Quegli altri li conosco… ma chi è quel vecchio?” Era Gigi Sgarbozza.

Voto 6; pubblico del Giro
Meriterebbe 10 per essere ancora lì nonostante le porcherie del doping, ma perde ben 4 punti perché ormai molti tifosi che affiancano i ciclisti sono più una preoccupazione che non un sostegno. Gente, meglio se ci diamo una calmata! Dal prossimo anno che si fa? Gli saltiamo addosso per fare cavalluccio?

Voto 5; percorso del Giro.
Caro Zomegnan, ci hai regalato il Giro più duro degli ultimi decenni, ma con tutte ‘ste montagne sembrava uno spot d’incoraggiamento all’uso del doping. Troppa roba!

Voto 4; Francesco Pancani
Si sente la mancanza dell’Auro nazionale. Barbetta fa sempre un’ottimo lavoro, ma i pochi riferimenti eno-gastronomici rendono le telecronache semplici racconti di quel che si vede. Il ciclismo è più di questo. Come Basso, lo aspettiamo al Tour, dove Auro apriva simpatiche parentesi dedicate ai vini e ai formaggi dei vari dipartimenti francesi (le nostre province).

Voto 3; sigla RAI per il Giro.
Lasciamo perdere va...

Voto 2; Denis Menchov e suor Alessandra
Sostenuto dalla Federica il russo non rispetta le attese. Non vorrei essere nei suoi panni se la ragazza lo incrocerà da qualche parte.
Il Processo alla Tappa è ormai luogo per domande senza domanda, dove chi risponde deve cercare di dire le cose appena dette dalla De Stefano, allungandole nel brodo, ma senza darlo a capire.
Esempio di domanda della De Stefano; “Beppe Conti, siamo a Torino. Diciamo ai più giovani che Torino fu la 1^ capitale d’Italia?” Risposta; “Effettivamente Torino fu proprio la 1^ capitale d’Italia.”
Ma si può mandare in onda una roba del genere?

Voto 1; Carlos Sastre e suor Alessandra (parte 2)
Fossi Mister Geox (o Diadora, che tanto è quello) lo licenzierei di botto. Insieme a Contador sarebbe stato il secondo spagnolo da lasciare a casa. Solo che almeno il primo ha dato spettacolo, Carlos ha fatto cabaret.
Mercoledì 25 maggio. Un’immensa, elegante, splendente ciclista italiana, di cui come sempre non ricordo il nome, è ospite del Processo alla Tappa. In quasi un’ora di trasmissione, avrà potuto parlare per circa 40 secondi. Poi lamentiamoci che del ciclismo femminile frega poco!

Voto 0; “Si Gira”, cioè BAR-Toletti
Come la stessa carovana del Giro (Dio mio quanta gente inutile che si tirano dietro!), un programma dove viene invitato l’amico dell’amico, a parlare di un’altro amico. E poi Bartoletti che parla del povero Weilandts ogni santo giorno per rinnovare la TV della lacrima, che piacerà a lui ma dopo una settimana inizia a stufare quando è fatta in questa maniera.

mercoledì 1 giugno 2011

Giugno; l'editoriale.



FORSE UNICA REALTA’ DAL VALORE VERAMENTE INCALCOLABILE PER IL MONDO DEL CICLISMO, GLI APPASSIONATI HANNO RIEMPITO ANCORA LE STRADE DEL GIRO.
QUALCOSA PERO’ HA STONATO; IL VERGOGNOSO PASTICCIO DEL CROSTIS, ED IL COMPORTAMENTO SEMPRE PIU’ INCOSCIENTE DI MOLTI APPASSIONATI ALLE CORSE.

1° GIUGNO; MANCANO 30 GIORNI AL VIA DEL 22° GIRO FEMMINILE.

Certamente l’aspettativa comune è leggere della corsa rosa appena finita. Due, tra tante altre, sono le cose emerse dalle tre settimane del Giro; la prima è che dopo la presa per il sedere verso il pubblico con il cambiamento del percorso nella tappa del Monte Crostis (e l’annullamento della scalata a quest’ultimo), si evince come tutto il “movimento ciclistico” sia sempre più un “baraccone ciclistico” senza capo ne coda. Il secondo guarda al comportamento sempre più preoccupante di noi appassionati quando siamo alle corse.
È certo che riguardo al Monte Crostis l’Unione Ciclistica Internazionale abbia aspettato troppo per dire; “Ragazzi, fermi tutti! Di lì non si passa!”. Si è detto che correre in quelle strade avrebbe costretto i ciclisti a rimanere per quasi 40 chilometri senza le rispettive ammiraglie al seguito. Per una tappa presentata nell’autunno dell’anno scorso, non è accettabile aspettare l’ultimo giorno per aprir bocca. Mesi di preparazione, settimane di lavori, con almeno la consolazione di pochi soldi spesi visto che le protezioni usate erano quelle prese in prestito dalle piste dello Zoncolan. Per il resto decine di volontari pagati con un panino e un bicchier di vino.
Alcuni Gruppi Sportivi hanno reputato pericolosa una strada, affidandosi a notizie di mesi prima, senza andare a vederla prima del Giro quando i lavori per la messa in sicurezza erano ultimati. La decisione dell’UCI è figlia della minaccia dei GS sulla necessità di tenerseli buoni, perché gli stessi GS minacciano – per questioni di guadagno – di costruirsi una specie di calendario alternativo in stile Formula 1. Il Presidente dell’FCI Renato Di Rocco è vice-presidente dell’UCI. Possibile non avesse saputo niente per tempo? Una presa in… Giro, e basta. Certamente nel futuro gli stessi organizzatori non si faranno sorprendere come in questa occasione, e chiederanno lumi all’UCI fin dall’inizio. Però nel vedere tutte queste manovre politico-sportive prendere corpo, si esalta il fatto che il ciclismo di oggi non si merita il pubblico che ancora gli è rimasto.
Proprio riguardo a noi appassionati, la situazione riguardante il comportamento alle corse sta diventando sempre più insopportabile. Che di corridori un po’ speciali a fianco dei ciclisti se ne siano visti di tutti i tipi, e solitamente molto spassosi, questa è cosa nota da qualche decennio. Ma ora si sta andando verso situazioni di pericolo, probabilmente sbronza-dipendenti, e che vogliono inventarsi di tutto per apparire in televisione per un momento. Durante il tappone dolomitico, poi nel salire lo Zoncolan, e ormai anche in tante altre salite, il pubblico si comporta ai limiti della sopportazione. Non è possibile vedere gente rimbambita dalle birre, o proprio cretina di suo, urlare come un’ossessa nelle orecchie dei ciclisti. Oppure gruppetti di 3 o 4 persone quasi circondare il ciclista in fuga dimenandosi e sbracciandosi come dei tarantolati. Durante un traguardo volante della corsa, eravamo a circa metà Giro, un ragazzino in bicicletta entra in strada e percorre 200 metri di percorso fiancheggiando il gruppo. Cose da pazzi incoscienti. Tutto per “entrare” nell’inquadratura un’istante, senza rendersi conto del pericolo corso, visto che ci sono automobili e motociclette che viaggiano a 80/90 chilometri orari.
Per trent’anni abbiamo visto due corse; quella del corridore ansimante in salita, e quella dell’appassionato che correva a due metri di distanza incitandolo. Era un momento simpatico, ma oggi questo all’appassionato non basta più.
Torniamo a incitare i ciclisti, se vogliamo corrergli al fianco facciamolo solo su strade larghe, spaziose, e non serve urlare loro addosso come dei folli disperati. Se dobbiamo avere un comportamento da curva di stadio calcistico anche appresso al ciclismo, stiamo attenti perché se c’è una cosa che nel ciclismo non è ancora arrivata in grandi dosi è l’inutile, insopportabile e gratuita stupidità del pubblico. Però stiamo iniziando a portarcela. Già quest’ultima ce la mettono i ciclisti che imbrogliano, se ci mettiamo anche noi, buonanotte.
Conclusione per parlare di doping. l’operazione “borracce trasparenti” è ottima per l’immagine, ma non cambierà le cose. Magari cambiandola con l’operazione “manette sempre pronte” qualcosa combini. Quando poi al Processo alla Tappa dei rappresentanti del GS Lampre (questa poi!) portano un quadernone contenente un decalogo che parla di etica nello sport, ricordiamoci che negli ultimi 50 anni sono state incise e cantate migliaia di canzoni che parlano di libertà, rispetto, pace ed amore. Infatti oggi il mondo è il Paradiso, giusto?
Alla prossima.

venerdì 27 maggio 2011

26 maggio 1996 - 26 maggio 2011



(Un giorno di ritardo, ma la causa era il "tagliando" al PC...)

domenica 1 maggio 2011

Maggio; l'editoriale.



TORNA IL GIRO. TORNA CON LA SUA IMMAGINE COSTRUITA DAI TANTI SUOI COLORI, E CON LA SUA ENORME STORIA FATTA DI MILLE ALTRE PICCOLE STORIE.
TORNA IL GIRO, CON LA SPERANZA CHE CHI LO VINCERA’, O NE SARA’ PROTAGONISTA, SI MERITI VERAMENTE IL “..DAI!!...” DEL RAGAZZINO A BORDO STRADA.

1° MAGGIO; MANCANO MENO DI 160 ORE ALL’INIZIO DEL GIRO D’ITALIA (e 61 giorni all’inizio di quello femminile).

Ci siamo. Tra una cosa e l’altra la Provincia di Belluno sarà la Provincia del Giro 2011. Saranno ben 5 le giornate in cui la Provincia delle Dolomiti verrà visitata, ospiterà, saluterà, coccolerà la corsa rosa. Per celebrare il 150° d’unità nazionale saranno diverse le città visitate che hanno rapporti storici al riguardo. Nemmeno a Feltre possiamo lamentarci quando ci sono di mezzo ricorsi storici o agonistici legati al Giro. La cittadina fu sede di tappa (Bibione-Feltre e poi Feltre-Selva di Val Gardena) nel Giro del 2000. Nell’importante Giro che festeggiava il centenario (2009) la corsa passò nel centro città, ed ora ecco l’edizione dei 150 anni tricolori con la partenza per giungere a Sondrio. Manca solo quello femminile…
Il Giro è la festa, la carovana multicolore che ricorda il carnevale per i suoi colori e suoni. Ed è questo il lato che resta nei ricordi degli appassionati. Il Giro è storia d’Italia. Il Giro dei Ganna, Guerra, Girardengo, Binda; il Giro della miseria, del Grappa e del Piave, della fame quella vera, e non quella della televisione e delle persone che non mangiano da tre ore.
Il Giro dei Bartali, Valetti, Coppi; il Giro del sangue, delle lacrime delle madri che smettevano di esserlo da un momento all’altro, con la velocità di un proiettile finito a bersaglio. Il Giro dei Magni, Gaul, Anquetil; il Giro della rinascita dallo sfacelo delle bombe, delle cambiali che portavano il televisore nelle case, dell’Italia che lasciava la bicicletta ai figli perché tre anni di rinunce alle ferie avevano portato la 600 nel giardino di casa.
Il Giro dei Merckx, Gimondi, Motta; quello del benessere in bianco e nero, delle vacanze al mare anche per l’operaio, delle Brigate Rosse. Il Giro dei Saronni, Hinault, Moser; quello dell’Italia che vedeva il mondo a colori senza dover alzarsi dalla poltrona per cambiare canale, della plastica che ormai era ovunque, dei computer che entravano nelle nostre case, della Coca-Cola.
Il Giro degli Indurain, Pantani, Simoni, Basso; quello dell’Italia che vive gli ultimi anni ricchi prima della crisi, degli operai che sono tornati davanti ai cancelli, degli “Spettacoli della Realtà” in televisione, che nessuno guarda e che poi fanno record d’ascolto, di Internet. Il Giro del nostro oggi; dell’Italia che piange miseria, con famiglie di 4 persone con tre automobili nel giardino, e i quindicenni annoiati con 100 euro nel portafogli.
Poi per fortuna c’è anche l’Italia del Giro; quella del bicchier di vino offerto all’amico di giornata che più rivedrai. E allora, come sta dicendo la radio mentre queste ultime righe vengono scritte, “La corsa più dura del mondo nel paese più bello del mondo”. Dateci una corsa a cui possiamo credere un po’ di più, e quello si che sarà un vero successo. Altro che slogan. Buon Giro a chi se lo merita, e non dimentichiamoci che esiste anche quello femminile, ma quella sarà una storia estiva.

venerdì 1 aprile 2011

Aprile; l'editoriale.


IL GIRO INIZIA AD AVVICINARSI. INTANTO LE CLASSICHE DEL NORD, IN PIENO SVOLGIMENTO, DA SEMPRE SI PORTANO APPRESSO I SAPORI DEL VECCHIO CICLISMO.
A QUESTO PROPOSITO, CHIUDIAMO “RADIO-DS” E RIDATECI IL CICLISTA TESTA E GAMBE.

1° APRILE; MANCANO 36 GIORNI ALL’INIZIO DEL GIRO D’ITALIA (e se Dio vuole 92 per quello femminile).

Le radioline vanno tolte. Le questioni sulla sicurezza devono essere affrontate dagli organizzatori delle corse, senza appoggiarsi ai Direttori Sportivi che avvisino i ragazzi durante la corsa se c’è bisogno. Anche in questo caso si vede chi sa veramente lavorar bene, nell’organizzazione delle corse ciclistiche.
I ciclisti devono pensare al triangolo rosso, ai cinque chilometri da pedalare ancora perché arrivi un rifornimento, a dire al gregario di star davanti pronto a ficcarsi dentro nell’eventuale gruppetto che magari tenterà una fuga, per evitare di dover far tirare i compagni col rischio di sfinirli. A correre, insomma, anche con la testa. Quando mancano 40 o 50 chilometri alla fine della corsa, il gregario con le misure di bicicletta più vicine a quella del suo capitano gli si affiancherà e gli pedalerà vicino. Testa e gambe.
Pensiamo ad uno dei momenti più importanti per un DS ed i ciclisti. Quando questi ultimi sono qualcosa di più che non; “i miei ciclisti” ma sono; “i miei ragazzi”. La riunione la sera prima nel dopo cena, le spiegazione sul percorso, il dire “dal chilometro tal dei tali in poi, su con le antenne! Il percorso diventa così e così e così… Vi voglio vedere svegli!” controllare le carte delle altimetrie 10 volte per memorizzarle mentre vengono discusse, approfondite, analizzate. Testa e gambe.
Pedalare durante la corsa e saper spiegare un concetto con quattro parole, sia dalla sella che dal sedile della macchina. Essere capitani e fare i capitani; decidere in mezzo minuto, ed in prima persona, se e come reagire ad uno scatto. Stare sempre nelle prime 20 o 30 posizioni del gruppo nei grandi giri, quando arrivi a 70/80 chilometri dalla fine, perché non hai “Radio-DS” che trasmette in esclusiva per te. Un ciclismo che faceva capire quali fossero i ciclisti più attenti, intelligenti e preziosi in corsa, per esperienza e fiducia da riporre. Testa e gambe.
Le ultime due generazioni ciclistiche sono nate con le radio. Un ciclista scatta e dall’ammiraglia gli dicono come reagisce il gruppo. Come se non bastasse, anche la televisione viene usata per lo scopo. Le motociclette, l’elicottero, sono occhi per far diventare dei geni del ciclismo, anche Direttori Sportivi che non hanno più bisogno di fare i DS per 4 o 5 anni con i ragazzi giovani. Non hanno bisogno di “farsi le ossa” per imparare a leggere le corse da dentro un’automobile. Oggi possono andare direttamente nell’ammiraglia dei “grandi”, perché ci penserà la telecamera dal cielo a dire loro cosa succede e quindi suggerirgli cosa gli conviene fare.
Ridateci i ciclisti furbi, scaltri, che capiscano e di conseguenza imparino come bisogna alimentarsi nella giornata molto calda, come guidare la bicicletta con la pioggia iniziata da poco, quando mettere la squadra in doppia fila per il vento. Chi scrive ricorda una cronometro al Giro femminile, dove da alcune ammiraglie si sentiva sbraitare dall’altoparlante su quando la ciclista doveva smettere di pedalare e sterzare il manubrio per “buttarsi” nell’affrontar la curva curva. Ma cosa sono; robottini radio-comandati? Sembra proprio così.
Nell’ultima edizione della “Popolarissima” (corsa veneta molto sentita tra i dilettanti), 4 ciclisti sono partiti in fuga a più di 70 chilometri dalla fine. Tre erano della stessa squadra. Sono arrivati al traguardo. Il gruppo non aveva pensato che quando tre ciclisti della stessa squadra (su quattro!) vanno in fuga, non lo fanno soltanto per 10 chilometri e buonanotte? Quando si sono svegliati era tardi. Ecco cosa comporta “Radio-DS”. Ciclisti che non sanno cosa fare.
Ridateci il ciclismo dove le lavagne tornano importanti, dove metti qualche uomo nei punti importanti di un finale di corsa perché non si sa mai, e allora lì si capisce quali squadre hanno gente che di ciclismo ne capisce veramente più degli altri. Ridateci il ciclismo dove il ciclista deve “faticare” anche con la testa.
Testa e gambe.

mercoledì 9 febbraio 2011

Non nei modi, ma nella sostanza è meglio così.



DA COSA TI FAI ISPIRARE QUANDO TORNANO SITUAZIONI COSI’ AMARE? RABBIA, PER L’ENNESIMA AUTO-PALATA DI M***A SUL CICLISMO? O TRISTEZZA, PER QUELLO CHE RIGUARDA LA PERSONA?

Cosa spinge un padre di famiglia a spingere il proprio fisico ai limiti della salute, per una disciplina sportiva? Cosa spinge un grande talento sportivo a mandare in vacca una carriera che poteva essere di grande livello, e giocarsela due volte rischiando la pelle nella seconda chance? È questo lo sport più bello del mondo? (frase che non ho mai sopportato, ma perchè ho una mia idea sul concetto sport e amore per esso). È passato un’anno dalla morte di Franco Ballerini e c’è mancato un pelo che febbraio mettesse sul suo taccuino funebre un’altra ricorrenza. Ballerini, Pantani,… Riccardo Riccò ha rischiato di allungare questa lista.
Auto-emo-trasfusione; definizione composta da tre altre parole. Una storia vecchia come il doping, ed un’altra palata di merda sul ciclismo. Si, perché qui le questioni sono due. La prima è quella che riguarda l’uomo, la persona, il padre di famiglia. Che non ha avuto insegnamento sufficiente da due anni di squalifica. Poi arriva lo sportivo, il talento, per molti un’idolo ritrovato.
Sia benedetta la frase di Pier Bergonzi, che nel suo articolo odierno sulla Gazzetta definisce “un cialtrone” Riccardo Riccò. Parola tristemente giusta (che certamente Suor Alessandra non avrebbe il coraggio di scrivere manco sotto tortura)
Il ciclismo non ha bisogno di Ettore Torri per trovarsi nelle peste. Continuino così proprio loro, i protagonisti principali, i campioni. Lorenzo Bernucci e la sua famiglia hanno preso 20 anni si squalifica “globale” per detenzione di sostanze dopanti. Bernucci sparisca e resti al suo bar. Si dice che Riccò rischi la radiazione. In casi così pesanti e gravi perché reiterati, la radiazione non deve nemmeno essere un punto di domanda.
Via, basta! Smettiamo di trattare i ciclisti come dei ragazzi che subiscono e basta (vedi “Suor Alessandra”, che non ha mai il coraggio di usare parole decise, e allora quando non può più girarci intorno si appoggia sempre al lato umano). Riccardo Ricco è stato un ciclista che ha fatto dell’ingordigia la sua forza, dell’imbroglio l’arma per vincere nella sua disciplina sportiva. Oggi Riccò è un padre di famiglia che si è salvato per un pelo, che convive con persone intorno che hanno conosciuto sospetti, accuse, ed anche le galera per questioni di doping. Se penso alle qualità di Riccò e vedo come ha vissuto da sportivo – ed in questo caso il ciclismo – lo sport per primo ne guadagnerà soltanto dal suo ritiro definitivo.