«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

giovedì 31 marzo 2016

Aprile; l'editoriale

“Pare che questa volta la disgrazia sia capitata senza delle colpe veramente imputabili a qualcuno. Pare che la parola ‘disgrazia’ stavolta possa veramente trovar posto. Pare ci siano troppi ciclisti in corsa e allora riduciamoli. Pare che invece siano le moto a essere troppe, ma non è questo. Pare piuttosto che sia necessario partire dal sapere chi guida i veicoli perché il loro comportamento a volte è pericoloso. Pare che però nemmeno questo è il giusto registro perché le gare di oggi sono tirate fin dalle prime battute e quando devi rimontare pare sia sempre più difficile perché in pochi minuti devi essere due chilometri più avanti. Pare che non sia facile perché oggi le strade sono più pericolose perché vent’anni fa non avevi spartitraffico e rotonde in questa quantità. Giornalisti, addetti ai lavori, ciclisti, dirigenti vari hanno già emesso non solo le sentenze ma anche le soluzioni, le alternative, le cose da fare. Pare abbiano tutti le idee chiare. Antoine Demoitiè era nato a Liegi nell’ottobre del 1990.”

lunedì 21 marzo 2016

Ma che bello il ciclismo femminile (se ce lo fan vedere)

Venti minuti di trasmissione – ovviamente registrata – per raccontare il Trofeo Binda 2016 che si è corso domenica 20 marzo. La seconda corsa rosa per importanza che abbiamo in Italia dopo il Giro-Donne. Questo l’immane sforzo della RAI cha ha permesso di seguire a colpi di singhiozzo la netta vittoria dell’iridata Elizabeth Armitstead della Boels Dolmans. Peccato che tra cicliste non partite casa influenze di stagione e altre ritirate causa caduta la gara abbia perso per strada molti nomi importanti. Resta il dubbio che se ci fossero state comunque tutte, il ‘taglio’ della messa in onda non sarebbe cambiato molto. Sintesi tivù che come da tradizione salta di palo in frasca, con ‘buchi’ di oltre 50 chilometri a botta, e con il nuovo supporto tecnico di Monia Baccaille che al microfono affianca Piergiorgio Severini. L’ex tricolore avrà bisogno di tutta la stagione per sapere come districarsi davanti al video, ma perlomeno dovrebbe sapere di cosa parla, a dispetto di Sgarbozza che dopo anni ancora non sapeva come pronunciare i nomi delle cicliste, o coniando frasi del tipo “….atleta della Uniti Stati America!....”. Interviste alle protagoniste nemmeno a parlarne, e quindi godiamoci il ciclismo femminile targato RAI, ricordandoci di sorseggiare qualche caffè durante la trasmissione.

martedì 1 marzo 2016

Marzo; l'editoriale

”Il ciclismo non è la mia vita, è la mia passione”. Ognuno ha il suo senso della misura, ma molti lo stravolgono convinti nel loro io che pur avendo tutto non è – e forse non sarà – mai abbastanza.
“Alla fine di questa stagione lo svizzero Cancellara si ritirerà quasi certamente. Uno degli atleti più forti dell’ultimo decennio, trentaquattrenne, vincitore di diverse classiche storiche, diverse volte re del cronometro. Si ritirerà perché non sente più la possibilità di essere ai vertici come prima, e perché i doveri di papà incombono. La sua frase è riportata in un intervista della nuova rivista (per l’Italia) “Cyclist – The thrill of the ride”, che arriva nelle nostre edicole con questo mese di marzo. Il senso della misura è una cosa soggettiva. Se ti accontenti di quello che hai puoi essere visto come una persona che non vale molto, perché non vuoi osare nel tuo quotidiano e hai paura di fare sbagli. Se non ti accontenti puoi essere visto come una persona che sembra ingorda verso tutto quello che ha intorno, rappresentando l’egoismo duro e puro. Il senso della misura lo puoi trovare rappresentato nella persona che ha un lavoro, e se ne cerca un altro (magari a nero) per alcuni mesi, giusto il tempo per mettere insieme trecento euro in più al mese, che diverranno la bici da sogno di lì a poco tempo, mentre il tetto di casa è mezzo marcio, ma sotto quel tetto hai una bici che costa come una discreta utilitaria usata, e pare sia quella la cosa che conta. Oppure il senso della misura è quello di Fabian Cancellara, che pare aver capito che la passione è una cosa che trova posto dentro una scatola chiamata vita, e non il contrario. Se così sarà, se Cancellara non sarà uno Schumacher, un Armstrong, un Cipollini, gente del torno-non-torno-torno-non-torno che non accettavano un vivere quotidiano fatto di quella normalità chiamata portare mio figlio a scuola, ricordarmi di comprare due scatole di piselli al supermarket, cambiare la lettiera al gatto e passare in farmacia per mia suocera, allora questo ragazzone svizzero ci mancherà ancor di più. La stagione riparte. Divertitevi.”