«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

sabato 28 giugno 2014

Valentina Carretta scende dalla bici. Perchè?

Alla vigilia del periodo più importante per una ciclista italiana, la 24enne varesina getta la borraccia. I motivi sembrano nascere dal rapporto con il Team Olè-Cipollini.
Non è la prima volta. Qualche anno addietro anche Anna Zugno decise inaspettatamente di ritirarsi per motivi nati da una scelta riguardante il quotidiano. Si lesse di motivazioni legate allo studio, e d’altronde fare la ciclista non è certo roba che ti dà da vivere. Anzi, non mancano ragazze che a causa di contratti miseri (e spesso malrispettati dalle società), ad un tratto si domandano perché continuare a rompersi il sedere su di un sellino per certa gente, quando le amiche coetanee che lavorano guadagnano il doppio facendo un decimo della fatica. Anche il ritiro di Nicole Cooke avvenuto pochi anni fa sorprese, ma lì la britannica spiego chiaramente ch’era ormai stufa marca del movimento femminile, senza fare distinzioni tra dirigenti e colleghe. Stavolta le motivazioni che hanno spinto Valentina Carretta al ritiro sembrano nascere da amarezze interne alla sua squadra. La notizia ha ricevuto un certo rilievo, sempre ricordando che parliamo di ciclismo femminile a cui frega una mazza a molti. L’atleta parla di una situazione in cui; (fonte: ciclonews) “….il mio impegno in quest’annata ciclistica sia stato totale, così come nelle stagioni precedenti. Quindi mi sono sembrati inopportuni alcuni comportamenti di chi mi è stato vicino in questi ultimi anni. Quando vengono a mancare la fiducia e il rispetto non ci sono più le basi per continuare una collaborazione con un team. Facendo questa vita, fatta di trasferte, sacrifici e restrizioni è necessario che almeno sia riconosciuto l'impegno, la professionalità e il rispetto. Valori che pensavo fossero scontati, ma che purtroppo ho sentito mancare su di me in prima persona”. Nel famoso ‘tra le righe’ emerge una motivazione legata all’ambiente della sua società e certamente la ragazza non è una brava bugiarda quando dice che; “…con tranquillità…” esce dal gruppo e se ne và. Questo, opinione personale, per alcuni motivi; perché Valentina non era certo come si dice ‘una ferma’ ma invece ciclista di ottimo livello se guardiamo al livello generale delle nostre ragazze (ci sono atlete che tengono le ruote di chi è davanti grazie al vento che tira nella direzione giusta); perché si correva il tricolore sulle strade per lei casalinghe e voglio proprio vedere che si rinuncia così di punto in bianco ad un campionato italiano ed un Giro d’Italia che parte tra pochi giorni; perché a 24 anni la carriera forse comincia veramente; perché correva in una squadra dove dal punto di vista economico ci sono garanzie ‘meno peggiori’ di altre società dove la trasparenza è dono del Signore e non di chi comanda. Se invece ci sono altri ‘oppure’ sarebbe bello saperli a lei o da chi l’aveva tra le sue fila.

mercoledì 4 giugno 2014

Punto di non ritorno?

Negli anni ne abbiamo visti di ogni tipo: gorilla, orsi, supereroi, gente mezza nuda se non del tutto, falsi preti. E negli ultimi 15 anni comportamenti oltre il limite che faranno fatica a sparire.
Ne avevo già scritto qualche anno addietro sul comportamento di certa gente, che probabilmente di ciclismo ne capisce quanto un parlamentare dei problemi della gente. E forse per il fatto che questa volta a rimetterci è stato un atleta italiano che si stava giocando la corsa, il comportamento esasperato di una parte del pubblico ciclistico sullo Zoncolan (e in qualche momento anche sul Grappa il giorno precedente), stavolta fa scrivere nel web più del solito. I motivi ci sono tutti, visto che questo andazzo è dagli anni ’90 che si fa vedere – è proprio il caso di dirlo – ad ogni edizione di un grande giro. Fino a una quindicina di anni addietro capitava di vedere degli spettatori rincorrere gli atleti, ed ogni tanto ci scappava qualche maledizione per via di gente che sembrava volesse corrersi tutti gli ultimi 20 chilometri di gara fianco al gruppo: “Ma quando si toglie quel mona?!” era il commento tecnico che poteva scappare ad un telespettatore veneto. Però erano situazioni che trovavi ogni tanto. Oggi invece sai che non dovrai aspettare molto per vedere che lungo una salita, solitamente faticosa e affollata, spunteranno personaggi che a piccoli gruppi si ficcheranno in mezzo alla strada per far sapere al mondo che esistono. Gente che se ne frega dell’atleta e che rincorre un’inquadratura che li consegni alla storia. Purtroppo è una storia vecchia. La tivù ti fa diventare qualcuno. Condizione apparentemente vitale per chi crede di essere niente e quindi ‘deve’ diventare quel qualcuno.
Quasi certamente questi comportamenti andranno avanti ancora. La televisione non può permettersi di ‘staccare’ da una determinata inquadratura, se si tratta di un momento di gara importante. E difficile è anche che la gente capisca che deve darci un taglio. Chi bazzica, quando può, le strade del Giro non vede solo passione e amore per una disciplina sportiva, me pure gente che sulle strade del Passo Tal dei Tali si porta appresso una mezza sbronza alle due del pomeriggio. Perché ci sono poche possibilità di un cambiamento in tempi brevi? Perché si tratta di far riflettere la gente, di fare educazione comportamentale in ambito sportivo. Quella roba che si chiamerebbe Educazione Civica. Praticamente una bestemmia. Quando hai gente che per fare il loro spettacolo di cabaret studia preventivamente le zone dove non c’è personale addetto alla sicurezza per la corsa (Alpini o Protezione Civile), tanti saluti. Sullo Zoncolan certi spettacoli non hanno preso vita negli ultimi chilometri. E di certo non possiamo pretendere che gli appassionati veri li prendano a calci in culo (anche se sul Grappa due fighetti che spingevano qualunque cosa si muovesse ci sono arrivati molto ma molto vicino). Chiamiamoli imbecilli, deficienti oppure come vi pare, ma fessi no di certo e probabilmente dovremo tenerceli ancora per un pezzo.

martedì 3 giugno 2014

Sotto a chi tocca!

Tornano tra l’entusiasmo generale (?!) le tradizionali pagelline semi-serie del dopo corsa rosa, per analizzare il Giro appena concluso. Mi scuso perché certamente qualcuno o qualcosa mancherà.
VOTO 10; alla professoressa nella foto ed al livello d’imbecillità e cretineria ormai raggiunto da una parte del pubblico ciclistico. Dai tizi che sul Grappa quasi spingevano anche le moto (e che ad un certo punto hanno rischiato sul serio di prenderle da noialtri), fino a certi deficienti coglioni che sullo Zoncolan hanno avuto i loro momenti di gloria. Tornatevene negli stadi di calcio. VOTO 9; alla sigla del proCESSO alla tappa (“Pedala!”) perché le musiche di Paolo Belli avevano semplicemente rotto le balle. Stesso voto alla faccia tosta di Cipollini che per diversi giorni si è fatto rivedere in tivù, grazie all’amica suora che lo deve aiutare a riabilitarsi nel post-tabelle di Fuentes targate Gazzetta del febbraio 2013, e che si devono in qualunque modo far dimenticare al pubblico. Voto identico alla Bardiani CSF che ha fatto un Giro eccezionale e voto uguale al tifoso vicentino che sul Grappa ha trasformato il francese Pierre Rolland in “Pierolan”. Poi a quelli (sempre delle nostre zone) che a insulti e bestemmie hanno fermato la macchina dall’organizzazione “Inizio gara ciclistica” perché dovevano finire le scritte per Canula. I poliziotti della stradale non sapevano se far scattare le manette o mettersi a ridere. VOTO 8; a diverse persone: a Quintana che ‘doveva’ vincere il Giro è l’ha fatto. Peccato per il pasticcio dello Stelvio, dove lui non ha certo responsabilità. Stesso voto ad Aru che aveva le possibilità di arrivare nei primi 5 e l’ha fatto con il 3° posto finale, per Rigoberto Uran (Uran) che anche stavolta ci è arrivato vicino ma Quintana in salita era troppo per tutti e (finalmente!) per Ulissi che doveva lasciare un segno e ne ha lasciati due. VOTO 7; a Silvio ‘assolutamente’ Martinello come spalla di Francesco Pancani. Bel lavoro per non aver voluto copiare Cassani portando un po’ di ottimismo al microfono sulle possibilità delle fughe di giornata. Stesso voto allo spagnolo di Andrea De Luca: bueno ombre! Meno bueno un tifoso (almeno settantenne) che il giorno del Grappa si è dovuto far spiegare da noi presenti che Aru è il ciclista sardo e non il colombiano, e che Uran è quello colombiano e non il sardo. VOTO 6; a Cadel Evans. Non è più fatto per le tre settimane, e nella cronometro su cui puntava tanto ha deluso. Ma almeno, pur staccandosi, è uno che sa ancora come si fa a tirare fuori le palle. Stesso voto al percorso del Giro, ma ricordiamo che ormai dovremo abituarci a edizioni assegno-dipendenti per le partenze. VOTO 5; a Max Lelli che ancora non si sa se si chiami Massimiliano o Massimo. A volte non sa se parlare tecnico o pane e salame. Comunque era al primo Giro. Non sono al primo Giro gli organizzatori della corsa (vedi il pasticcio sullo Stelvio). VOTO 4; ai meccanici delle squadre che ormai pompano ruote a 10 atmosfere. Due gocce di passaggio e ti ritrovi coi coglioni al cielo. Serve veramente una pressione così? Stesso voto alle doti come attore di Garzelli nelle ricognizioni. Cassani sapeva ‘fare il falso’ meglio di lui, quando incrociava ‘casualmente’ altri ciclisti che conosceva lungo il percorso. VOTO 3; a Cunego e Basso, a cui manca solo di essere spalmati di senape o maionese sulla schiena quando passano. Inguardabili. Ma su Cunego dovevamo pensarla quando, il giorno della presentazione della squadre a Belfast, disse che aveva la mezza idea di buttare un pensiero anche alla classifica. Lì è stato il momento decisivo per far crollare tutto!
VOTO 2; “Chi è d’accordo con Beppe Conti si alzi da dove si trova e si sieda vicino a Beppe Conti. Chi è d’accordo con Garzelli si alzi da dov’è seduto e si sieda vicino a Stefano. Chi è d’accordo con Manuel si alzi dalla poltrona e faccia come lui che ora è riverso in avanti sul water”. Avendo (volontariamente) seguito poco il proCESSO alla tappa devo dare un giudizio superficiale. La suora è da tempo riuscita nell’intento di avere la ‘sua’ trasmissione, trasformandola quest’anno in una sottospecie di Giochi senza Frontiere. La Peppa Pig del ciclismo RAI decide tutto quel che si deve dire, fare, baciare, ecc. e gli amici in difficoltà (Re Imbroglione) si devono aiutare, perché a vendere bici da 12.000 Euro al pezzo non tiri il 20 del mese. A proposito, potrebbe essere tardi ma ormai che ci siamo; ”Salvate Aru dalla De Stefano!!” VOTO 1; ad Auro Bulbarelli, che se la suora ha voce in capitolo è merito anche suo, e che se Bartoletti è ancora in giro, stessa cosa. VOTO 0; al pazzo irresponsabile che ha dato l’ok per dare in dotazione a Sgarbozza un suv bianco Audi, che l’analfabeta poteva anche guidare personalmente per seguire la carovana.

domenica 1 giugno 2014

Giugno; l'editoriale

Visto in partenza come il Giro del ricambio generazionale, Trieste ci consegna una classifica che ricalca in pieno queste speranze. E l’Italia ne ha bisogno.
“Lasciamo stare valutazioni su percorso, atleti, risultati, gesti dell’ombrello, tattiche, ecc.. questa settimana ve ne saranno a decine un po’ ovunque. Buttiamola quindi su un discorso prettamente nostrano. Un Giro senza Nibali era la cosa migliore (soprattutto per Cassani) per capire il livelli del ciclismo di casa nostra. Senza il nostro Numero Uno in gruppo gli altri italiani hanno potuto avere più attenzione, forse più possibilità. Volevamo capire quanto valeva Ulissi, e pare che a livello di qualità valga le chiacchiere che di lui si sono ripetute da tre stagioni. Volevamo sapere se Basso e Cunego sono alla frutta? Pare di si per entrambi, visto il Giro deludente dei due capitani usciti di una primavera opaca se non invisibile. Volevamo provare a capire se Elia Viviani è un campione o un forte velocista? Più la seconda che la prima, e la differenza non è poca cosa. Fabio Aru è davvero il nostro uomo per le gare a tappe nella seconda metà di questo decennio? Pare di si. Pozzovivo?: un Viviani delle montagne (o sarà mica il primo un Pozzovivo delle volate?). Di certo soffre sempre un calo dopo due settimane. Abbiamo visto tutte cose positive? Non proprio. Moreno Moser ha deluso. Le qualità espresse nella prima stagione si sono viste comprensibilmente meno nella seconda, ma in questa la speranza era di vederlo in azione con un piglio decisamente migliore. Invece la Bardiani CSF è stata una delle squadre migliori al Giro. La migliore delle nostre. Tre vittorie di tappa, ma non facciamo distinzioni facendo i nomi degli atleti che si sono imposti nelle frazioni, perché se consideriamo i mezzi (anche economici) della Bardiani e di altre corazzate presenti, il confronto premia la squadra verde-vivo. Annotazione che non dispiace (se non hai vecchi DS nostri): la Bardiani si affida a dei preparatori sportivi, senza avere dei direttori sportivi che vogliono rappresentare gli onnipotenti dentro la rispettiva squadra. Dopo una campagna di primavera disastrosa nelle classiche, il ciclismo nostrano sembra avere pochi campioni ma diverse speranze. Senza entusiasmarci troppo, diciamo che per ora non è poco.”