«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

lunedì 21 maggio 2012

Giro d'Italia; Sappada, 6 giugno 1987.

Il Giro d’Italia torna sulle Dolomiti bellunesi, che 25 anni fa furono teatro di uno dei “casi” ciclistici più celebri degli anni ‘80. Protagonisti l’irlandese Stephen Roche e l’italiano Roberto Visentini. Questa è la storia de “Il tradimento di Sappada”
Il Giro d’Italia del 1987 prevede, il 6 giugno, un’arrivo di tappa nel paese di Sappada in provincia di Belluno. La squadra Carrera gode del favore dei pronostici per la vittoria assoluta della corsa, grazie all’italiano Roberto Visentini che si dimostra competitivo per poter ripetere il successo dell’anno precedente. L’irlandese Stephen Roche è l’altro uomo di riferimento in seno alla squadra italiana, e tra i due si fa strada fin dall’inizio della stagione una diplomatica collaborazione e niente di più. Già dal periodo della Milano-Sanremo gira l’opinione tra gli esperti che “quei due” saranno difficili da mettere d’accordo. Al Giro d’Italia Visentini arriva come detentore della maglia, Stephen Roche come vincitore del Giro di Romandia, ma con una condizione in crescita. Tra imprevisti allunghi da parte di Roche, sopportati per spirito di squadra da Visentini, si arriva alla frazione del Giro che prevede la scalata del Terminillo. Boifava, Direttore Sportivo della Carrera, per allentare la tensione nel suo ambiente s’inventa l’idea di scaricare la colpa sui giornalisti, colpevoli secondo lui di fomentare rivalità. Una voce sempre più insistente racconta che Roche ha ricevuto proposte di sponsor disposti a costruire una formazione attorno a lui. La giornata del Terminillo diventa forse l’inizio dalla fine quando Roche, in rosa, allunga a una decina di chilometri dalla fine. Visentini di certo non può scattare per andare a riprenderlo, col rischio di riportargli addosso gli altri. Ma ecco scattare lo scozzese Millar. Visentini è lesto ad attaccarsi alla ruota. Ripreso Roche, l’irlandese chiede collaborazione all’italiano per allungare ulteriormente e far si che il Giro diventi una questione Carrera. Visentini però non collabora restando sulle sue. La tensione è sempre più palpabile e Boifava cerca per l’ennesima volta di limitare la tensione in seno alla Carrera, dicendo chiaramente ai due che ci si giocherà la maglia rosa nell’ultima settimana dopo aver eliminato gli altri avversari. Dopo una caduta di Roche nella tappa di Termoli, ed una grande cronometro di Visentini a San Marino – con una debacle dell’irlandese – la situazione vede l’italiano in testa con più di due minuti e mezzo sul compagno di squadra. Vista la situazione della classifica generale, ed il distacco tra l’italiano in rosa e l’irlandese, il Giro sembra indirizzato. Sembra. Siamo al 6 giugno e Sappada aspetta il Giro con un’italiano che veste di rosa. Durante le prime fasi della tappa il ciclista belga Bagot scatta e Stephen Roche si porta sulla sua ruota facendo così parte di un gruppetto. È una fuga importante. Roche ha deciso di parteciparvi, visto che della Carrera non c’è nessuno. L’irlandese non tira, perché Visentini è leader della classifica. Boifava lo raggiunge con l’ammiraglia e gli dice di rinunciare all’azione. Roche si limita a rispondere che quello che può fare è non tirare. Che siano quelli del gruppo ad andare a prenderlo. Il vantaggio aumenta, come l’imbarazzo nell’ammiraglia Carrera. Boifava decide di star zitto con Visentini per non provocare discussioni in gara, e fa tirare la Carrera per rientrare sul gruppetto di Roche. La situazione fa si che i nervi di Visentini siano tesi come corde di violino. Roche davanti continua la sua azione e il compagno in rosa, dietro, ha ormai capito l’antifona e crolla. L’italiano molla del tutto e raggiunge il traguardo con sei minuti dall’irlandese. Il palco premiazioni è gelido. I sorrisi, pochi, sono di pura circostanza. Visentini è furioso. Quando supera la linea d’arrivo fa cenno di voler andare sul palco tivù per dare spiegazioni, ma forse un’alito di buonsenso lo fa desistere subito. La sua frase rilasciata al microfono televisivo; “Stasera penso che saranno in tanti ad andare a casa!” mentre si allontana per dirigersi verso l’albergo, vale più di tanti commenti. L’atmosfera in casa Carrera è pesante provocando una vera divisione interna al gruppo, ma ormai il Giro è deciso. Visentini cadrà giorni dopo, si farà male ad un polso e dovrà ritirarsi. Il giorno seguente al discusso esito di Sappada il pubblico italiano prese di mira Roche, sputandogli addosso e insultandolo senza risparmio lungo le salite. Tempo dopo Roche dirà che l’astio tra i due nacque al Giro. Dal fatto che Visentini voleva la squadra per se al Giro, Roche compreso, ma quando fu l’irlandese a chiedere lo stesso a Visentini per aiutarlo al Tour si senti rispondere picche a questa ipotesi, perché dopo il Giro l’italiano voleva andare in vacanza. Tanti anni dopo Visentini dirà che questa cosa fu solamente un grossa menzogna, non risparmiando parole molto pesanti per l’irlandese e per altre persone che correvano e lavoravano alla Carrera. Roberto Visentini, finita la carriera nel 1990, uscì in maniera totale dal ciclismo. Stephen Roche entrò nella leggenda di questo sport in meno di tre mesi, vincendo Giro, Tour e Mondiale su strada proprio in quell’estate del 1987.

martedì 1 maggio 2012

Maggio; l'editoriale

L’ITALIA DORME. A MILANO SONO LE 02:53 DEL 13 MAGGIO 1909. CENTOVENTISETTE UOMINI DIVENTANO, SENZA SAPERLO, I PRIMI “SCRITTORI” DI UN’EVENTO CHE LA GENTE AMERA’ FIN DALL’INIZIO. MAGGIO CI PORTA LE ROSE INSIEME ALLA ROSA, E LA MACCHINA DEL TEMPO SI RIACCENDE. 1° MAGGIO; MANCANO 54 GIORNI ALL’INIZIO DEL GIRO D’ITALIA FEMMINILE (di cui non si sa ancora un’accidente…).
“Le parole sono sempre quelle. Ogni anno, ogni primavera. Ne cambi il posto dentro a un testo, ma prima o poi arrivi al cuore del pensiero. Il Giro torna ed attesa e curiosità sono sempre alte. Un Giro “straniero” all’inizio. Un Giro che con il passar degli anni si prostra ai milioni in maniera sempre più evidente. Il retrogusto amaro. Le considerazioni tecniche, le idee sul percorso, sui possibili protagonisti, stanno invadendo in massa gli articoli nei giornali, nel web (anche qui), nelle discussioni tra gli appassionati. Ce ne sono già in abbondanza ovunque, segno che la passione spesso non aspetta che il momento per rifiorire. Da circa un’anno la devastante crisi economica sta facendo a pezzi l’Italia. E siccome i sogni non costano – almeno per il momento – leghiamoci al Giro che, per fortuna, sogno non è. Perché il Giro piace? Si potrebbero sfornare decine di risposte. Forse il suo fascino più potente è quello di saper riportare tutti noi adulti, all’epoca di quand’eravamo ragazzini. Una macchina del tempo dove torni indietro con la mente, apri lo scrigno dei ricordi, e ti rivedi in pantaloncini corti in mezzo a gente urlante, ad applaudire ciclisti che passano in pochi secondi tra le vie del tuo paese. Oppure è semplicemente la festa di un’altra macchina. Una delle più belle inventate da noi umani nella nostra storia, figlia della ruota, oggi usata non più per vivere com’era fino a 50 anni addietro, ma per vivere meglio perché tanto l’indispensabile ce l’hai. La bicicletta, dopotutto, è la prima conquista consapevole di quasi tutti noi. Nessuno di noi ricorda il giorno in cui abbiamo camminato in maniera indipendente. Il nostro primo e vero momento di libertà. Lo apprendiamo solo dai racconti dei nostri cari. Ma molti ancora ricordano la prima bicicletta, da chi arrivava, il colore, magari anche la marca. Qualcuno di noi forse le ha dato anche un nome tutto suo.
Forse è proprio lì che cadiamo tutte le volte che vediamo un Giro passare. Non riusciamo a scappare da quella gigantesca emozione dell’esser stati bambini. Emozione che in quei momenti forse non riuscivamo a vivere come tale, ed invece oggi sentiamo ancora forte nonostante non sia più possibile averla addosso. Il Giro è anche album di ricordi, album nei nostri ricordi. Come noi ha vissuto anni lieti, altri pesanti, magari tragici. Il Giro lo sentiamo nostro perché ha pedalato tra le miserie e le macerie delle guerre, tra le lacrime e le croci dei terremoti non troppo lontani, perché è lì fuori con noi e lo è sempre stato. Per vivere non si è mai chiuso dentro uno stadio, dentro un palazzo dello sport, dentro un recinto. C’è anche il Giro che si corre, ma in quel caso sono gli uomini ad emergere. Le sensazioni legate all’animo spariscono per far posto ai numeri delle classifiche, dei cronometri, dei chilometri. Il Giro dei Campioni che a volte ci hanno regalato delusioni, imbrogli, bugie. Per questo il Giro che spesso ricordiamo più volentieri è quello legato al ricordo di chi, magari sconosciuto, era con noi a bordo strada. Perché quella persona mai vista prima, e che forse mai più rivedremo, è uno dei tanti fili che compongono quella tela multicolore che con il tempo, coi decenni, con 103 anni di storia ci riporta la cosa più bella che questo evento ci mette ogni anno davanti agli occhi; l’Italia del Giro. Bentornato Giro.”