«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

mercoledì 13 luglio 2016

Il rosa le piace e se lo porta a casa

Con qualche spunto di Casa-Italia, si chiude con la vittoria di Megan Guarnier il Giro-Donne 2016. Le atlete straniere fanno la voce grossa, con la Stevens protagonista assoluta, e noi cerchiamo ancora (invano?) una ragazza per la generale del domani.
Megan Guarnier (voto; 8) vince il Giro edizione 2016, e lo fa dopo aver vestito la maglia rosa per cinque giorni su nove (lasciamo da parte il piattissimo mini-prologo), dopo che nell’edizione 2015 l’aveva vestita per sette giornate su una corsa strutturata nello stesso modo: totale, dodici giorni su diciotto. Il rosa le piace. In questa edizione non ha mostrato l’acuto, se non due secondi posti nelle frazioni 1 (Gaiarine-San Fior) e 6 (Andora-Alassio). Meglio fece l’anno scorso con una vittoria nell’allora proposizione della medesima Gaiarine –San Fior e con ben 4 secondi posti consecutivi nelle tappe 5, 6, 7 ed 8. Visto che ha vinto, i telecronisti RAI hanno ovviamente iniziato a parlare di un’affermazione un po’ di casa nostra, per via delle pare origini italiche della ragazza. La vittoria ha cento padri. La vincitrice del Giro ha passato qualche difficoltà nella Tarcento-Montenars cercando di non lasciar scappar via Evelin Stevens nel finale di corsa, ma che tenesse alla rosa lo si è visto poi nella Grosso-Tirano e di più nella Andora-Alassio, quando e arrivata sulla piazza d’onore di giornata, forse nella miglior giornata della Stevens. Niente vittoria di tappa quindi, ma una vittoria ostruita sulla continuità di rendimento. Sono passati gli anni in cui vi era Marianne Vos a stravincere la corsa.
Del Giro televisivo e delle nostre ragazze scrivo in altro articolo. In linea di massima vive però la forte sensazione che tra le nostre fila abbiamo ormai abbracciato un’altra generazione ciclistica dedita alle classiche. Se alla fine la migliore azzurra in classifica è ancora una buona Guderzo (voto; 6) – con la Bronzini (voto 9) che riesce a vincere due tappe – vuol dire che in casa nostra il famoso ricambio per le gare di più giorni guardando alla classifica pare lontano dal venire. Nove frazioni corse (sempre senza contare il prologo), ci danno 9 vittorie straniere. Oltre alla vittoria finale della Guarnier, Giro di altissimo livello per la statunitense Evelin Stevens (voto; 9), che accompagnata sempre da un sorriso perfetto per uno spot da pasta dentifricia vince la 2^ tappa (Tarcento-Montenars), la 6^ (Andora-Alassio) e la 7^ (Albisola-Varazze). Aggiungiamo tre giorni di rosa vestita e il Giro si chiude con un bilancio esemplare – e che per certi versi si rivela un po’ assurdo, visto che non ha vinto la corsa – per quello che è il suo miglior Giro: tra un anno arriverà da favorita? La regina 2015, Anna Van Der Breggen (voto; 5) riesce a spuntare qualcosina, un terzo posto nella Andora-Alassio e un secondo nella cronometro Albisola-Varazze. Forse anche lei come quasi tutte, italiane e non, pedalava già con la testa verso il Brasile.
Pedalando in maniera un po’ casuale qua e la nel gruppo, abbiamo visto una Emma Pooley che rientra fra le “non giudicabili”, se non nel fatto che nelle ultime stagioni ha fatto uscite di scena e rientri in gruppo con molta scioltezza. Questa volta le gambe erano in Italia, ma lo scricciolo britannico aveva la testa già in Sud America, destinazione Rio. Potenza dello spirito d’Olimpia e la Vos ne sa qualcosa. Dispiace del ritiro ‘programmato’ di Elena Cecchini, freschissima tri-campionessa nazionale con un’azione di alto livello nella prova tricolore. Ma delle italiane si scriverà a parte. Il percorso del Giro (voto; 8 alla varietà, 7 nel complesso) ha ripresentato per il secondo anno consecutivo una cronometro degna di tal nome. Dopo i 22 chilometri della Pisano-Nebbiuno della scorsa edizione, altri 22 quest’anno con la Albisola-Varazze. Si è guardato alle velociste con diverse frazioni per loro, peccato che la tappa del Mortirolo non vedeva quest’ultimo come arrivo. Per il resto poco altro, questo grazie alla maniera sbrigativa e superficiale con cui la RAI (voto; 3) ha liquidato in molte frazioni questo Giro. Ecco, se non fosse che la RAI ti da una visibilità che per il ciclismo rosa è vitale, viene voglia di chiedersi se non varrebbe la pena provare a cercare un accordo con qualche altra rete tivù in chiaro. Tanto, cronaca registrata per cronaca registrata, nessuna pubblicità nei giorni precedenti l’evento, sintesi e interviste castrate in malo modo, non viene la voglia di tastare il terreno in tal senso?

martedì 12 luglio 2016

E tocca tenersi una roba del genere?

Erano diversi anni che il Giro femminile non veniva preso a calci in questa maniera dalla RAI, che come fa un passo avanti forse per ‘par condicio’ ne ha fatto subito uno indietro.
Inizio da una cosa positiva: la new entry Giada Borgato come spalla tivù di Piergiorgio Severini, che ci consente di sentire i nomi delle atlete straniere che non vengono storpiati, che parla italiano e non un qualcosa che tenta di assomigliarli del tipo; “Uniti Stati America”, che in pratica non dice le fesserie che diceva Sgarbozza. Niente più angolino all’ora di cena per il Giro-Donne, che almeno aveva un suo orario di messa in onda e quindi una sua “dignità televisiva”, chiamiamola così, all’interno del palinsesto. La RAI sceglie il ‘traino’ del Tour, ma con risultati semplicemente irritanti. Prologo di Gaiarine: 40 minuti di ritardo per la messa in onda, tanto che va in seconda serata. Prima frazione, Gaiarine-San Fior: sintesi cortissima perché “la RAI tiene molto al ciclismo femminile” come dice ogni benedetto mese di maggio Suor Alessandra al suo proCESSO del Giro. Seconda frazione, Tarcento-Montenars: intervista per Elisa Longo Borghini ‘tagliata’ in maniera indecente a fine sintesi. Quarta tappa, Costa Volpino-Lovere: sintesi ben stringata, tanto che in due minuti di servizio siamo già ai meno 9 dalla fine. Impossibile seguire una corsa ciclistica in questa maniera. Sesta tappa, Andora-Alassio: Francesco Pancani annuncia la imminente ‘finestra’ in diretta del Giro femminile, e visto che il Tour (badate bene la strana casualità) ha un ritardo sulla tabella orario di almeno 30 minuti, linea alla coppia Severini/Borgato. La “diretta” è un bidone perché siamo sempre a una sintesi che salta di palo in frasca, e l’unica diretta è quella relativa al commento dei due telecronisti, ma le immagini sono sempre registrate. È infatti cosa nota che le tappe del Giro-Donne terminano spesso a metà pomeriggio e non certo nel tardo quest’ultimo. Una balla, e confezionata anche male, credendo (o fermamente convinti?) che il telespettatore sia imbecille. Mi ricorda qualcuno…… Non è finita. Ultima tappa in quel di Verbania Pallanza. Quella che chiude il Giro femminile, quella che riguarda la consacrazione sportiva della vincitrice: in 5 minuti si passa dalle firme delle atlete alla partenza ai saluti e ai ringraziamenti dei telecronisti. Nessuna intervista, nemmeno alla vincitrice. Uno schifo. La corsa più importante del calendario rosa UCI che viene trattata come fosse una trasmissione in replica che fa da tappa-buchi tivù alle sei di mattina. Qualcuno alzerà la voce o tutti zitti?