«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

mercoledì 20 agosto 2014

Io voglio, tu vuoi, egli vuole, noi, voi, essi,....

Avrei voluto le ruote perché così mio nonno ci si faceva il carretto e non gli toccava di doversi comprare la Ferrari, e vorrei (vorremmo?) tante cose diverse intorno alla bicicletta. Vorrei che una bicicletta venisse usata anche quando non ci sono dei numeri da attaccarsi addosso. Vorrei che giornalisti e giornaliste che fanno dell’omertà una scelta per non perdere il posto, e che al riguardo dell’argomento doping trattano gli appassionati come degli smemorati imbecilli coglioni, ricevessero fischi e non applausi o richieste di fare una foto assieme. Vorrei che quelli che dicono che gli piace il ciclismo iniziassero a documentarsi sulle cose che vengono loro dette e raccontate, perché almeno così conoscerebbero anche le cose che per ‘volontaria dimenticanza’ non gli vengono dette e capirebbero così quando vengono presi per il culo. Vorrei che il CT della Nazionale cambiasse idea e rimandasse Velo e Ferretti da dov’erano venuti. Vorrei che in Nazionale ci fosse andato Damiani, che se n’è andato dall’Italia (e dalla Lampre in particolare) perché qui non veniva accettato il suo troppo cristallino modo di lavorare. Vorrei che partendo dalla base (società amatoriali), sparissero quei dirigenti che volontariamente non s’interessano all’argomento doping, perché se vuoi salvarti il culo è meglio non chiedere, così puoi dire che non sapevi e nessuno può affermare il contrario. Vorrei che Suor Alessandra la smettesse di difendere i ciclisti sulle strade dal pericolo delle automobili perché – come Rosi Bindi che faceva perder voti al suo partito quando apriva bocca – la Peppa Pig del ciclismo tivù parla dei ciclisti come dei poveri Cristi sempre innocenti, quando ci sono certe teste di legno pedalanti che fanno manovre ciclistiche nel traffico che sarebbe da appenderli per i coglioni. Vorrei che i genitori prima di mettere i loro figli o figlie su di una bicicletta, chiedessero loro se il ciclismo davvero vogliono farlo. Vorrei che il ciclismo televisivo fosse raccontato anche da altri, e non dai soliti cinque o sei che da anni si passano il microfono l’un l’altro. Vorrei sapere se quelli della Gazzetta sono una massa di visionari sbronzi e, casomai fosse così, del perché Cipollini non ha mai fatto querela verso la ‘rosea’ riguardo alla tabelle ‘Fuentessiane’ riguardanti il toscano nelle sue stagioni più gloriose. Vorrei sapere con chiarezza da dove arrivano i soldi che fanno lo stipendio del nostro ciclista numero uno. Vorrei che il nostro ciclista numero uno cambiasse squadra con la velocità con cui sa scendere da un Passo Pordoi. Vorrei che la madre di Pantani fosse la prima a lasciar in pace suo figlio. Vorrei sapere come mai sto aspettando da febbraio la ristampa aggiornata di “Generazione EPO” di Renzo Bardelli, e del perché il libro di David Millar sia introvabile in Italia, nonostante i diritti dell’edizione italiana siano stati venduti da qualche anno. Vorrei che Filippo Simeoni, Floyd Landis, George Incapie, Tyler Hamilton non fossero ricordati soltanto come i grandi accusatori del dopato Amrstrong, ma anche perché loro stessi erano dei dopati. Vorrei che i Gruppi Ciclistici seguissero la bicicletta a 360° e non soltanto per il lato che gli fa accumulare tessere. Vorrei che certi ciclisti, toscani in particolare, che hanno corso nell’EPOca degli anni ’90/’00 e che danno il loro nome a delle GF avessero il buongusto di fare altro e accontentarsi che gli andata bene. Vorrei che le persone che leggeranno questo articolo, post o come diavolo si dice, scrivessero qui sotto cosa vorrebbero loro.