Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
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mercoledì 12 novembre 2014
Il ciclismo davanti al caminetto (2^ p.)
Il pianeta bici dei polacchi, dei francesi, dei britannici. Per capire da dove nasce l’arretratezza del nostro ciclismo a livello internazionale, e per capire dove siamo rimasti (fonte; Cycling-Pro).
I FIGLI DELLA REGINA; Christian Prudhomme, patron del Tour non la mandò a dire; “Questa è la più grande partenza della nostra storia”. Di cosa parlava? Dell’inizio del Tour 2014 in terra inglese. Un’oceano di persone, circa 4 milioni da Leeds a Londra per le tappe tenute oltremanica (546 chilometri), figlie del più grande progetto relativo alla mobilità ciclistico-sportiva mai pensato, progettato, creato al mondo. Piste ciclabili e bike-sharing che vanno moltiplicandosi, grazie ad un programma di Stato (Cyclescheme) che conta mezzo milione di aderenti. Nel quotidiano lavoratori dipendenti si mettono d’accordo con i datori di lavoro per spostarsi in bicicletta, ricevendo uno sconto sulle tasse superiore al 40% del costo della bicicletta, con un’incentivo di circa 25 centesimi per ogni miglio percorso tra casa e lavoro. Incentivi per le aziende che installano tutto quel che serve al dipendente (dalle docce allo spazio bici in azienda). Sul piano sportivo, ogni giorno in Italia si registrano 5 nuove persone tesserate a livello globale, quindi senza distinzioni sull’Ente di appartenenza. Nel 2013, British Cycling ha tesserato più di 100 agonisti al giorno, prevalentemente giovani e donne. Nel mese di agosto l’evento londinese “Prudential Ride” aperto a tutti, dai ragazzini ai ciclisti professionisti, ha contato 65.000 partecipanti.
I CUGINI D’OLTRALPE; Francia è Italia sono le due Nazioni che ciclisticamente hanno più tradizione. Nella situazione attuale la Francia ha tre World Tour e due ottime Professional. L’Italia nel 2015 avrà una sola formazione di 1^ fascia (Lampre), e proprio il processo Lampre non è ancora stato archiviato, anche se pare che la cosa vada avanti così lentamente, che forse le speranza dell’archiviazione per decorrenza dei termini (una ben nota ‘moda’ molto italiana) possa trovare successo. In Francia i tesserati sono più di 12.500, a casa nostra ne possiamo annoverare molto meno della metà e sui nostri numeri si sta perdendo colpi. Tre milioni e mezzo all’anno è la spesa per l’attività legata al settore olimpico italiano. Fantastico, se non fosse per il fatto che a Londra ci siamo portati atleti professionisti, che sono spesati e formati dalle loro squadre. Quindi quei 3,5 milioni sanno solo in Federciclo dove/come vengono spesi e si sognano di farlo sapere. I francesi ai Mondiali si sono portati atleti di formazione federale. Di certo si sa che a Ponferrada la Federciclo nostra annoverava nella sua comitiva niente meno che il giornalista Bartoletti (lo si intravedeva ‘casualmente’ alle spalle del CT Cassani in alcune interviste televisive). Forse Bartoletti (ch’è giornalista in pensione) vanta esperienze in ambito ciclistico come meccanico, o dirigente, oppure massaggiatore, magari autista, perché no tecnico ciclistico, forse apprezzato cuoco, o qualcos’altro di cui saremmo lieti di sapere? Di Rocco ha liquidato la questione ‘battezzando’ Bartoletti come un portafortuna per la squadra, precisando che tanto “….paghiamo noi. Che problema c’è?”. La Francia si è portata appresso 20 persone (oltre agli atleti). Tutta questa gente si è trovata per i fatti suoi un posto dove mangiare, dormire e per spostarsi (vedi sotto la voce; logistica). La delegazione italiana poteva riempire quasi due pullman. È questa quindi la Grande Famiglia del ciclismo che Suor Alessandra non manca mai di ricordarci esistere?
LA POLONIA? AVANTI DI ANNI!; negli anni ’80 noi italiani conoscevamo due polacchi; uno era vestito sempre tutto di bianco, un’altro giocava nella Juventus e poi nella Roma. La Polonia sportiva era roba di poco conto. Oggi la Polonia è avanti anni rispetto all’Italia e non solo. Mai sentito parlare di Licei dello Sport? In Polonia ci sono 15 licei specializzati per l’attività sportiva, 5 quelli per il ciclismo. Ci vanno studenti dai 16 ai 19 anni, le ore di lezione riempiono tutto il giorno fino al tardo pomeriggio. Dopo esserti fatto le tue ‘tot’ ore in classe (religione, storia, matematica, ecc…), sali sulla bicicletta e pedali quattro ore per quattro giorni a settimana, e quando non pedali ti fai delle lezioni dedite alla meccanica della bicicletta. Chi esce di lì ha le basi atte ad intraprendere la strada per diventare tecnico, atleta stesso, fisioterapista. Gli istituti hanno una loro formazione ciclistica junior che – rappresentando l’istituto – partecipa a corse anche internazionali. I preparatori e i tecnici della scuola che seguono gli studenti sono persone diplomate. Un’altro mondo, un’altra testa, un’altro tutto. Noi abbiamo vecchi campioni del ciclismo che sono costruttori di biciclette, senza sapere nemmeno come si centra una ruota, altri ex dopati che una volta chiusa la carriera con patteggiamenti per questioni-doping, vanno davanti alla telecamera per dire come si vincono le corse, quando in tutta la vita non hanno mai aperto un libro sull’argomento, se non quello delle istruzioni per l’uso riguardanti il mini-frigorifero che usavano per tenere al freddo le fiale di EPO. Qualcosa (ma senza esagerare) per fortuna sta cambiando, e prossimamente si scriverà anche di questo.
lunedì 1 settembre 2014
Settembre; l'editoriale
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mercoledì 20 agosto 2014
Io voglio, tu vuoi, egli vuole, noi, voi, essi,....
Avrei voluto le ruote perché così mio nonno ci si faceva il carretto e non gli toccava di doversi comprare la Ferrari, e vorrei (vorremmo?) tante cose diverse intorno alla bicicletta. Vorrei che una bicicletta venisse usata anche quando non ci sono dei numeri da attaccarsi addosso. Vorrei che giornalisti e giornaliste che fanno dell’omertà una scelta per non perdere il posto, e che al riguardo dell’argomento doping trattano gli appassionati come degli smemorati imbecilli coglioni, ricevessero fischi e non applausi o richieste di fare una foto assieme. Vorrei che quelli che dicono che gli piace il ciclismo iniziassero a documentarsi sulle cose che vengono loro dette e raccontate, perché almeno così conoscerebbero anche le cose che per ‘volontaria dimenticanza’ non gli vengono dette e capirebbero così quando vengono presi per il culo. Vorrei che il CT della Nazionale cambiasse idea e rimandasse Velo e Ferretti da dov’erano venuti. Vorrei che in Nazionale ci fosse andato Damiani, che se n’è andato dall’Italia (e dalla Lampre in particolare) perché qui non veniva accettato il suo troppo cristallino modo di lavorare. Vorrei che partendo dalla base (società amatoriali), sparissero quei dirigenti che volontariamente non s’interessano all’argomento doping, perché se vuoi salvarti il culo è meglio non chiedere, così puoi dire che non sapevi e nessuno può affermare il contrario. Vorrei che Suor Alessandra la smettesse di difendere i ciclisti sulle strade dal pericolo delle automobili perché – come Rosi Bindi che faceva perder voti al suo partito quando apriva bocca – la Peppa Pig del ciclismo tivù parla dei ciclisti come dei poveri Cristi sempre innocenti, quando ci sono certe teste di legno pedalanti che fanno manovre ciclistiche nel traffico che sarebbe da appenderli per i coglioni. Vorrei che i genitori prima di mettere i loro figli o figlie su di una bicicletta, chiedessero loro se il ciclismo davvero vogliono farlo. Vorrei che il ciclismo televisivo fosse raccontato anche da altri, e non dai soliti cinque o sei che da anni si passano il microfono l’un l’altro. Vorrei sapere se quelli della Gazzetta sono una massa di visionari sbronzi e, casomai fosse così, del perché Cipollini non ha mai fatto querela verso la ‘rosea’ riguardo alla tabelle ‘Fuentessiane’ riguardanti il toscano nelle sue stagioni più gloriose. Vorrei sapere con chiarezza da dove arrivano i soldi che fanno lo stipendio del nostro ciclista numero uno. Vorrei che il nostro ciclista numero uno cambiasse squadra con la velocità con cui sa scendere da un Passo Pordoi. Vorrei che la madre di Pantani fosse la prima a lasciar in pace suo figlio. Vorrei sapere come mai sto aspettando da febbraio la ristampa aggiornata di “Generazione EPO” di Renzo Bardelli, e del perché il libro di David Millar sia introvabile in Italia, nonostante i diritti dell’edizione italiana siano stati venduti da qualche anno. Vorrei che Filippo Simeoni, Floyd Landis, George Incapie, Tyler Hamilton non fossero ricordati soltanto come i grandi accusatori del dopato Amrstrong, ma anche perché loro stessi erano dei dopati. Vorrei che i Gruppi Ciclistici seguissero la bicicletta a 360° e non soltanto per il lato che gli fa accumulare tessere. Vorrei che certi ciclisti, toscani in particolare, che hanno corso nell’EPOca degli anni ’90/’00 e che danno il loro nome a delle GF avessero il buongusto di fare altro e accontentarsi che gli andata bene. Vorrei che le persone che leggeranno questo articolo, post o come diavolo si dice, scrivessero qui sotto cosa vorrebbero loro.
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