«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

martedì 31 agosto 2010

BON VOYAGE LAURENT......


Laurent Fignon, 12 agosto 1960 – 31 agosto 2010.

RICORDATO QUASI PIU’ PER DUE SECONDI POSTI CHE PER TRE GRANDI GIRI VINTI, LAURENT FIGNON NON HA SUPERATO LA SALITA PIU’ ARDUA, UN TUMORE CHE – ANCOR ABBASTANZA GIOVANE – LO HA UCCISO.

(Quasi tutte le notizie di questo articolo, sono tratte dalla collana “I campioni del ciclismo”.)

Nato a Parigi nell’estate del 1960, Laurent Fignon diventa professionista come gregario del grandissimo Bernard Hinault. Già nel 1983 le sue doti portano un ragazzo di 23 anni a vincere la più importante corsa al mondo, facendolo arrivare a Parigi in maglia gialla. Nel 1984 Hinault cambia squadra e Fignon diventa il capitano in squadra. Niente cambia per i risultati, visto che Fignon vincerà ancora il Tour. Il mondo del ciclismo è senza parole davanti a quell’occhialuto ragazzo che a 24 anni ha vinto due volte la Grande Boucle.
Nel 1984 aveva sfiorato il Giro d’Italia, dopo che l’italiano Moser lo superò in una prova a cronometro corsa a Verona vincendo la corsa rosa. Moser potè usare, in quell’occasione, la bicicletta che aveva usato per il record dell’ora. Tutta un’altra cosa rispetto alle biciclette ancora “normali” di quel periodo. Per l’italiano un vantaggio enorme. Fignon vincerà il Giro nel 1989 davanti a Flavio Gipponi e si preparerà così al Tour de France.
Il Tour regalerà il finale più epico che si ricordi. Al via dell’ultima frazione, Fignon veste la maglia gialla. L’americano Greg Lemond – che ha già vinto un Tour – è il suo sfidante principale. Si parte da Versalilles fino a Parigi per complessivi 24,5 chilometri a cronometro. Il francese ha 50” secondi di vantaggio, ma Lemond è molto forte a cronometro. L’americano parte come un missile. Fignon non riesce a tenere testa allo statunitense, che conclude la cronometro con un distacco di 58” sulla maglia gialla. La classifica entra nella storia; per 8” Greg Lemond vince il Tour de France. Mai più Fignon dimenticherà quel caldo pomeriggio parigino.
Fignon era una persona dal carattere particolare, ma anche di un’intelligenza come pochi. Conosceva 3 lingue (oltre al francese, italiano, spagnolo, inglese), riservato per la sua vita di tutti i giorni. Amava leggere libri prima delle corse, aveva una gran passione per i testi antichi. Per questo motivo era soprannominato “Il professore”. Aveva passione per letture come l’Iliade o l’Odissea, per la pittura e infatti dipingeva.
Si ritirò nell’autunno del 1993 come gregario dell’italiano Gianni Bugno alla Gatorade. “Continuerò a correre se vincerò il Mondiale!” disse Fignon in quella primavera. Ma la maglia iridata, da lui tanto sognata, non sarebbe mai stato in grado di vestirla.


Alcune delle sue vittorie più importanti;
1983 – Tour de France; 1984 – Tour de France, Campione di Francia; 1986 – Freccia Vallone; 1988 – Milano- Sanremo; 1989 – Milano-Sanremo, Giro d’Italia; 1993 Giro del Messico.

Nota dell'autore;
a tutte le persone che stanno pedalando su una salita lunga e difficile - come quella che Laurent non è riuscito a vincere - un pensiero e un grazie per l'esempio stupendo che voi portate avanti.

sabato 7 agosto 2010

Complimenti e grazie.


IDEE, OPINIONI, OSSERVAZIONI BASATE SULL’ESPERIENZA MATURATA “SUL CAMPO”, CRITICHE, E UN PELO DI PASSIONE.
SONO DIVERSI GLI SPUNTI CHE ARRIVANO DA UN’ATTENTA LETTURA DEI COMMENTI ALL’ARTICOLO PRECEDENTE. SUGGERIMENTI PREZIOSI CHE SAREBBE BENE CHI DI DOVERE CONSIDERASSE.

Per la serie “non si finisce mai d’imparare” mi sono copiato e incollato i commenti arrivati da voi al seguito dell’editoriale d’agosto. Questo perché li ritengo pieni di spunti da prendere in considerazione, avendo la sensazione che i “commentatori” siano persone che di corse rosa ne masticano o ne hanno masticate tante. Spunti preziosi, anche per le basi (promozione degli eventi, serietà delle protagoniste) su cui si è creato il mini-dibattito sulle cose buone, e non, del “movimento” ciclistico rosa.
Certo, in qualche momento spunta un qualche termine un po’ forte, ma forse perché portatore di una passione molto viva, o che molto viva lo è stata.
Difficile che cicliste oppure organizzatori si prendano la pazienza per una lettura delle righe lasciate dai commentatori. Ma si leggono esempi che hanno effettivamente portato benefici e vantaggi agli ambienti presi a modello.
Come scrissi proprio a fine dell’editoriale d’agosto; “… lasciamo perdere il discorso del voler fare grande il ciclismo delle ragazze, e cominciamo con il cercare di renderlo migliore. Chi ci lavora, chi lo racconta, chi lo rappresenta con il proprio lavorar di gambe.”
Critiche fatte in questo modo, con le contrapposizioni tra i pareri certo, ma equilibrate e propositive, sono una di quelle cose che sarebbero le basi per rendere migliore un giocattolo che spesso avanza in modo ancora zoppicante.
Quindi un ringraziamento per l’attenzione (penso d’aver superato ogni record sul numero di commenti, per un’articolo sul ciclismo femminile in questo sito), sperando che le vostre idee possano arrivare là, dove nessuno è mai giunto prima.
(Star Trek docet)

domenica 1 agosto 2010

Agosto; l'editoriale.


GLI AVVENIMENTI PRINCIPALI DEL MESE APPENA PASSATO ERANO DUE. DEL TOUR SE NE SONO LETTE DI TUTTI I COLORI. DEL GIRO-DONNE POCO O NIENTE, MA ORMAI E’ ABITUDINE.
ABITUDINE CHE DIPENDE ANCHE DALLE OCCASIONI GIOCATE MALE.

L’impressione è che il ciclismo rosa sia seguito molto meno di quanto gli appassionati delle corse delle ragazze dicano o scrivano. Ma dall’ambiente stesso sono pochi gli sforzi per provare a dare un giro di vite al “movimento” rosa, per quella che è la promozione al pubblico. Hai voglia che l’atleta di primo piano vada in tivù (avvenimento mooolto raro), a dire; “Ehi, guardate anche noi!” se poi si sprecano occasioni. Poi anche la base di tutto, le cicliste, potrebbero aiutare ad attirare quel che serve per farsi sentire; i soldini. Come fai ad interessare il pubblico? Ti apri ad esso!
Presentare il Giro d’Italia solo agli addetti ai lavori è stata un’occasione giocata male per far conoscere il ciclismo rosa al pubblico. Il ciclismo femminile vuole veramente farsi conoscere, o è una frase messa lì per attirare attenzione? Avvicinalo alla gente tanto per cominciare, poi stai tranquillo che gli sponsor ci pensan loro ad avvicinarsi quando sentono odor di business.
Le foto che ormai riempiono il web (su Facebook a quintali), dovrebbero fare posto al ciclismo raccontato. Il ciclismo è diventato sport nobile, l’altro è la boxe, grazie ai racconti dedicati agli atleti. Nessuna disciplina ha mai avuto scrittori così famosi, come lo sport del ciclismo per farsi conoscere. Si lavori in questo senso anche con le ragazze. Quanti appassionati di ciclismo femminile sanno chi era Alfonsina Strada? Forse nemmeno tante cicliste. Non è sufficiente una foto per raccontare tutto quello che c’è intorno. Ed è un peccato, perché il ciclismo dell’altra metà del sellino ha diverse cose che varrebbe la pena raccontare.
Le atlete possono fare la loro? Possono regalare un po’ di pazienza in più verso la loro professione, visto che praticare ciclismo con serietà sfiora la professione. Con questo, è sbagliato andare a pretendere che una persona viva 23 ore su 24 per la bicicletta. Ma se in gara non ne azzecchi una, prima di cambiarti dopo aver finito la tua corsa, meno corse verso il telefonino per l’SMS e “lavora” altri dieci minuti a scambiare due parole con il diesse. Col tempo si migliorerebbero così le atlete, quindi il modo di correre, quindi ecco una qualità delle corse più alta.
Sperare che il ciclismo femminile diventi importante, vuol dire accettare che tra il pubblico e le atlete si materializzino quelle centinaia di transenne che i maschietti hanno sempre intorno. Lo vogliamo veramente così importante? Prima di farlo diventare grande, iniziamo con il renderlo migliore. Quest’anno al Giro si sono visti spogliatoi improvvisati a bordo strada, perché le ragazze potessero cambiarsi. Robe da matti!
Situazioni come queste (viste a Biadene dopo la crono del Giro), dovrebbero anche essere dette e resi note. Ma non per cattiveria. Per il motivo che altrimenti tutto viene preso così com’è, andrà sempre bene, e le cose che puoi rendere migliori con poco resteranno sempre lì, mentre quelle che non funzionano idem. Quindi anche chi del ciclismo rosa ne scrive spesso perché ha l’occasione di seguirlo di qua e di là, può fare la sua parte, ma se si raccontano solo le cose che funzionano si finisce con il suonarsela e cantarsela.
Credo che queste saranno le ultime righe che il sottoscritto metterà su questo sito, per quest’anno, sull’altra metà del sellino (anche se ci sono i Mondiali, dove l’FCI davanti alle tivù tornerà a voler bene alle ragazze, specie se porteranno ancora medaglie!). Come scritto poco sopra, lasciamo perdere il discorso del voler fare grande il ciclismo delle ragazze, e cominciamo con il cercare di renderlo migliore. Chi ci lavora, chi lo racconta, chi lo rappresenta con il proprio lavorar di gambe.