«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

giovedì 25 luglio 2013

Tocchera' mica comprare un tappeto più grande?

E COSI’ UN GIORNO SCOPRIMMO CHE IL CICLISMO ERA FALSATO. MA ORA GLI APPASSIONATI FARANNO DUE CONTI OPPURE; “CHI SE NE FREGA, VOGLIO LO SPETTACOLO!”? IL CAMBIARE MENTALITA’ PARTE DA QUI.
Una cosa emerge dall’inchiesta doping post Tour ’98: Ullrich era più dopato di Pantani, ma Olano in questo pare non lo battesse nessuno. Ci sono ciclisti che hanno pagato pesante. Chi con il palmarès come Armstrong, chi con il sistema nervoso prima e la pelle poi come Pantani, chi se l’è goduta per anni e anni come Riis (ma dall’aria che tira forse durerà poco) solo perché se apre bocca se ne tira dietro a decine tra dirigenti, ciclisti, team manager…. C’è chi è stato preso per il sedere come gli appassionati, chi continua a prenderci per il sedere come Gimondi, perché ritiene cosa migliore che le provette vengano buttate dopo le controanalisi, della serie; vengo a rubare a casa tua, ma se non mi beccano subito posso tenermi quel che t’ho rubato perché sono i poliziotti che dovevano essere più bravi a fare i poliziotti. Giusto che non c’è senso nel cambiare adesso gli ordini d’arrivo, perché se lo fai dev’essere per tutti. Però non possiamo cercare di far ammucchiare la sporcizia sotto il tappeto. Ullrich, Armstrong, Tafi, Riis, Jalabert, Zulle, Virenque, Brochard, Pantani, Cipollini, Zabel, per dire i nomi maggiormente altisonanti di quel periodo, sono stati protagonisti consapevoli di una disciplina sportiva falsata, che non può essere presa ad esempio. Non si possono trattare come dei miti dello sport solo perché tutti correvano ‘comunque’ alla pari. Allora si ridanno i Tour a Lance, a Landis, a Contador, una Vuelta a Heras. Vieni a rubare a casa mia, quindi posso farlo nella tua? Allora dovemmo trattare come dei miti i velocisti e velociste che nell’atletica hanno assunto tutto e il contrario di tutto. Se a Pantani andava bene ‘adeguarsi’ agli altri ha sbagliato. E questo si deve dire. Inutile parlare di svolte culturali se continuiamo a mitizzare quel periodo ciclistico perché ci ha dato tante corse combattute. Allora si abbiano i coglioni di dire; “Affari loro. Il sangue era il loro. Sapevano quel che facevano. Non gliel’ho mica chiesto io di prendere quelle robe.” E così almeno possiamo continuare a girarci dall’altra parte guardando alle granfondo dove la situazione è da sudori freddi, che nei dilettanti i controlli sono un’optional ma chi se ne frega perché non è mio figlio quello che ci corre, che negli juniores adesso uno può scegliere il medico che gli pare e parliamo di ragazzi ancora minorenni. Poi continuiamo a trattare come campioni esemplari vecchi ciclisti, e li sentiamo in vecchie interviste – perché ormai morti – dire che il loro doping a confronto di quello di oggi era all’acqua di rose perché usavano la simpamina, derivata da?... Andate a curiosare. Come cambi mentalità se trattiamo come idoli persone che hanno accettato di falsare quello che facevano, e ne stimiamo altre che cercano di difenderne l’operato lavorando di omertà?

venerdì 12 luglio 2013

Il Giro-Donne va in archivio con un'edizione apparentemente buona.

E COSI’ LA 24^ MAGLIA ROSA FEMMINILE E’ VOLATA OLTREOCEANO. DUE GIORNI SU OTTO AD ALTO LIVELLO E DA PARTE DELLA STATUNITENSE ABBOTT TANTI SALUTI. IL PODIO? UNA FOTOCOPIA DEL 2010. UN’ARTICOLO CHILOMETRICO, COME DA TRADIZIONE NEL POST GIRO-DONNE.
Mara Abbott corse in Italia un paio d’anni addietro con la Diadora-Pasta Zara. Patendo alcune magagne fisiche, ma nondimeno distanza e ambiente rinnovato, l’americana riprese presto in mano le sue valigie e se ne tornò in Patria (senza troppi pianti da parte dei trevigiani). Meglio hamburger e Coca-Cola che radicchio rosso e Prosecco. Ma quando si tratta di Giro d’Italia la ragazza non ha fatto mancare i risultati, visto che la sua carriera è marcata in maniera determinante dalla nostra corsa. Nel 2010 (come quest’anno) vinse la corsa imponendosi in due tappe consecutive, con gli allora traguardi a Livigno e sul Passo dello Stelvio. Nel 2010 (come quest’anno) non si fece mai vedere se non nelle frazioni più importanti e temute, nel 2010 (come quest’anno) tolse la maglia a Marianne Vos e non la mollò più, nel 2010 (come quest’anno) si mise dietro una certa ciclista italiana di cui non ricordo il nome e Claudia Hausler. Seconda nel 2010 fu la tedesca Arndt, oggi un’ex del gruppo, quindi i valori sono praticamente gli stessi a tre edizioni di distanza. Nel 2009 l’americana giunse seconda nella generale, a soli 30” da Claudia Hausler e s’impose nella Calcinaia – Monte Serra davanti alla miglior Hausler (che per l’appunto vinse quel Giro) e alla britannica Pooley. Erano gli anni in cui la Cervelo e la Columbia High Road comandavano quasi come gli pareva. Fatto sta che l’atleta statunitense quando ha corso il Giro un segno lo ha sempre lasciato. Anche storico, essendo la prima e fin’ora unica atleta a stelle e strisce ad aver vinto il Giro italiano. Una ciclista da massimo risultato con il minimo sforzo, che ‘lima’ il più possibile, resta sempre coperta dalle compagne di squadra, e che solitamente quando esce dal gruppo lo fa per arrivare davanti per i fatti suoi. La Abbott ha beneficiato in diverse occasioni proprio delle compagne di squadra, che le hanno permesso di arrivare all’inizio delle salite senza spremersi troppo. Cosa che solitamente fa anche la Vos, che però essendo un po’ impaziente ama pensar lei in prima persona a sfiancare le avversarie. Tenendo conto che l’americana è al momento migliore della carriera (ha 28 anni), non è da escludere che per due o tre anni ancora sarà protagonista. Giorgia Bronzini avrà pensato; “Ecco che la Toitemberg non è più un pensiero, e mi ritrovo questa qui tra i piedi anche per le volate!” pensando alla Vos? Probabile. Intanto l’ex iridata – aiutata da un’imprevisto per l’olandese – ha vinto una tappa, e questa è già una notizia, visto che da quattro anni uscivamo dalla gara con le tasche vuote per le vittorie di giornata. La Vos ha preso due scoppole pesanti nella Varazze – Monte Belga e nella Terme di Premia – San Domenico. Tra l’una e l’altra di queste due frazioni, vinte proprio dalla Abbott, l’olandese si è trovata sul groppone 7 minuti. Scena inusuale, forse non casuale, l’arrivo della 4^ frazione, Monte San Vito – Castelfidardo, quando l’olandese era seduta sull’asfalto e stremata come poche volte la si è vista. Comunque, maglia ciclamino, tre vittorie, due secondi posti sono bottino da protagonista. Tra le altre straniere la statunitense Evelyn Stevens, fresca di ‘Trentino’ vinto, ha disputato una corsa senza infamia e senza lode. Il 5° posto conclusivo nella generale premia un’andamento da brava formichina. Peggiora un po’ rispetto al 3° dell’anno scorso. Formichina ritrovata è stata la tedesca Claudia Hausler, che con due secondi posti di giornata è riuscita nel costruirsi un 3° posto finale che le fa risentire l’aria del vertice. La tedesca ha un ottimo bilancio ‘rosa’, con la vittoria nel 2009 e altri piazzamenti tra le migliori già nel 2008 e nei successivi a quello dell’edizione vinta. Forse patisce il fatto che spesso è ciclista molto (troppo?) attendista nonostante le gambe buone. Ricorda una certa ciclista veneta….
Marta Bastianelli è una ciclista sopravvalutata? Domanda cattiva, ma riguardo al Giro di lei si sono quasi perse le tracce. Per questo c’è ben poco da scrivere. Chi invece ha fatto un bel Giro è stata Francesca Cauz, che per la Top Girls Fassa Bortolo porta via la maglia bianca come miglior giovane, e due piazzamenti tra le prime 3 nelle due frazioni vinte dalla Abbott – un caso? – mettendosi dietro tali Luperini e Guderzo. Mai saputo niente sul rifornimento ‘paterno’ nella 4^ frazione, quando il genitore le ha passato borraccia e lattina di Coca-Cola da bere. La cosa, notata anche dal telecronista – è lui che ha detto che si trattava del padre della ciclista, quindi si può ipotizzare che si fosse informato prima di fare il commento della sintesi tivù – è permessa a pochi chilometri dalla fine o c’è stata manica larga? Alla fresca tricolore Dalia Muccioli, appena ventenne, giusto era non chiedere se non presenza in prima fila nelle partenze, per sfoggiare il bel simbolo del tricolore ciclistico. Valentina Scandolara? Bene. Fino a quando a potuto la maglia verde era sua, cercando di raccogliere punti su ogni minimo avvallamento esistente sul percorso delle tappe. Presente in diverse fughe fino alla 6^ frazione, ha lavorato poi come gregaria per la Guderzo. Nei finali non riesce ancora a ‘tener botta’ cioè ad essere lì con le migliori, ma questa è la terza come elite per la veronese. Non sono tutte Vos, Guderzo, Hausler, Pooley. Dal prossimo anno magari si potrà iniziare a chiederle qualcosa di più. Due parole tiriamole fuori per Valentina Bastianelli. Da anni ormai questa benedetta ragazza parte a testa bassa non appena il Direttore di Corsa abbassa la bandierina. O la pagano per farlo – e sapendo degli stipendi delle cicliste potrebbe essere – o qualcuno le dica che queste fatiche assurde potrebbe tentarle dopo i 50 chilometri, invece che mettendo in atto 40 tentativi per tappa nei primi 10 chilometri di strada. Se facessero la maglia della combattività per i primi chilometri, vincerebbe per manifesta superiorità. Prima di andare a toccare il momento più atteso dai voi lettori, e cioè il pezzetto dedicato all’allegra brigata della Radio e Televisione Italiana, due parole su COLEI che non ricordo chi sia, ma comunque il secondo posto conclusivo Le da la miglior prestazione della carriera nella corsa rosa. Piazzamento che rappresenta anche il miglior risultato di un’italiana, dalla vittoria 2008 della Luperini. Però, ecco un’altra occasione in cui la vittoria era nei paraggi ma è scappata via. Come scritto l’anno passato, LEI più di così non và. Ma se non si attacca, sperando solo in una selezione naturale causa fatica, si combina poca roba. Chi metteva in difficoltà la Vos in questi anni? La Pooley e la Abbott. Due che quando hanno avuto la possibilità partivano rischiando di saltare. Nessuna sorpresa nel Suo recupero sulla maglia rosa nella cronometro – non sarà mica sempre un caso se una vince diverse volte il tricolore contro il tempo – ma c’è sempre questo modo di correre troppo attendistico, molto Cunego, che spesso porta più risultati per rimediare alla meno peggio, quando invece le qualità per far impazzire le avversarie ci sarebbero. A meno che essere la migliore delle italiane sia già quello che basta. Davanti a Lei l’anno scorso si piazzò la Luperini, quest’anno squalificata verso la fine, perché la sua bicicletta è stata trovata troppo leggera ai controlli. Pochi grammi, ma quel che bastava per buttare un Giro. Giro-Donne che saluta Alessandra D’ettorre, ‘senatrice’ delle nostre ragazze da tempo. Mai stata campionessa, ma sempre vista con rispetto. Tante le maglie azzurre portate, tante le capitane “riportate sotto”. Due righe ci stavano. In teoria la stessa cosa si potrebbe scrivere per Noemi Cantele, che ha dovuto rinunciare all’ultimo momento a quello che – pare – doveva essere il suo ultimo Giro. Già due anni fa parlava di ritiro. Poi forse il fatto di correre un Mondiale in Italia le ha fatto allungare la strada. Ipotesi: vince il Mondiale. Si ritira?
E ora, senza necessità di effetti speciali, arriviamo ai nostri eroi. All’inizio del Giro una bella notizia. Tania Belveredesi che fa da ‘spalla’ all’amico Severini al posto di Silvio “assolutamente” Martinello. Purtroppo si rivelerà un falso allarme. Già dal giorno dopo “assolutamente” riprende il microfono. Anche se quest’anno non ci sono assoli da parte dei protagonisti, il gioco di squadra non manca. Bulbarelli, che a parte la Suora comanda tutti nella redazione ciclistica, la facesse finita con il far dire a Cip & Ciop com’è finita la tappa del Giro, quando di lì a due ore me la mandi in onda. Fossi in Giuseppe Rivolta, patron del Giro – a proposito, bel lavoro, visto che alla buon’ora i ridicoli uomini-cartello-stile-gare-da-sagra-paesana erano spariti e sono arrivati i cartelli con i confiabili per segnalate i chilometri finali – farei due parole con Auro e gli direi; “Caro Bulbarelli Auro, capisco che siccome i fagioli di Malacarne tu sei ancora qui che li aspetti da anni (tant’é che quando puoi lo dici anche in tivù per fare un’indiretta pressione psicologica al diretto interessato), la testa non sia pienamente concentrata nel tuo lavoro. Ma già ste benedette ragazze le seguono poco, se poi tu gli fai dire a quei due come finiscono le tappe due ore prima che le mostrate,….. che cazzo mi combini, uomo!!” Si scriveva del gioco di squadra RAI, che si è espresso a buoni livelli quando la 4^ tappa è stata mandata in onda al contrario. Nel dettaglio: 1) inizio trasmissione con subito le immagini della volata finale e interviste del dopo corsa 2) Stop improvviso alle immagini 3) riavvolgimento veloce con ‘nero’ sullo schermo 4) ripartenza video con stavolta le immagini esatte ma ovviamente ormai totalmente inutili. Bene invece sull’incremento di cicliste intervistate prima e dopo le tappe. Come ai bei tempi di Don Lorenzo. Due parole di corsa sul fatto che sembrerebbe si sia verificato un (lieve) aumento di pubblico. Di certo non per merito RAI, visto che quando mancavano 10 giorni al Tour le pubblicità al riguardo non mancavano, mentre sul Giro zero notizie. Come penoso lo spazio riservato dalla Gazzetta non durante, ma nel numero di lunedì 8 luglio. Minimi i rumori di sottofondo. Due anni fa il trionfo dei grilli – facile che il tavolino fosse quindi posizionato in piena campagna – l’anno passato il continuo trascinare di transenne, con qualche martellata ogni tanto. Quindi, possiamo azzardarci nel dire che quest’anno c’è stato, tutto sommato, un miglioramento del servizio.

mercoledì 3 luglio 2013

Avete impegni per giovedi 18 luglio?

DUE DOMANDE: 1) CHI SI RICORDA DI OSCAR PEREIRO? 2) SARA’ IL 18 LUGLIO IL GIORNO PIU’ IMPORTANTE DEI TOUR E DEL CICLISMO DEGLI ULTIMI 15 ANNI?
Prima o poi dovevamo arrivarci. Dal 1998 a oggi, in mezzo trionfano le quattro, cinque o sei volte in cui il ciclismo era ripartito. E meno male! Dalla Festina, la prima squadra con un’organizzazione interna di doping che ha fatto scuola per altre formazioni. Quanto è stato falsato il ciclismo negli ultimi 3 lustri? A questa domanda hanno risposto in maniera soddisfacente Bertagnolli e Armstrong nei mesi precedenti. Quanti poster verranno idealmente staccati dalle pareti? Oggi che gli sport di resistenza vivono di tende ipossiche – le ipobariche sono altra roba – o di doping genetico (molto più pericoloso), parlare di EPO è robetta. Oggi l’EPO viene comprato da sempre più sportivi e sportive della domenica, vedi ciclisti che in Sicilia hanno tagliato la corda in una GF (più del 30% degli iscritti), quando hanno ricevuto le telefonate di avviso dagli amici (falsi quanto loro), perché erano arrivati i medici per l’anti-doping. Sarà una giornata antipatica anche per i giornalisti di stampa e tivù che per anni hanno cercato di far pensare al solo atleta statunitense Armstrong come del doping fatto persona uno unico e solo, dimenticando la superficiale specifica che il dottor Ferrari – suo stretto ‘collaboratore’ – non è giapponese, australiano, islandese, indiano,….. Di quelli che di Bertagnolli, Rasmussen, Sorensen, Ullrich si sono dimenticati sul riferire delle loro ammissioni durante l’inverno passato, che di Cipollini è vietato parlare. Eh si, sarà una giornata antipatica anche per queste persone, perché di specchi su cui arrampicarsi ce ne sono sempre meno. Fatti nomi e cognomi, poi cosa cambia? Hai poco da fare. Togli le vittorie ai ciclisti che hanno vinto imbrogliando? Ok, allora devi farlo per tutti. Le lasci? Bene così. Continueremo a idolatrare campioni di cartone. Oppure dividiamo il ciclismo nell’EPOca del ciclismo da laboratorio? In questo caso l’Italia ha due carte da poter fieramente giocare, e che pochi possono vantare: Conconi e l’allievo Ferrari. Due perle, due medaglie, che se dessero la lista delle persone che si sono appoggiate ai loro consigli e trattamenti in questi vent’anni, dovrebbero fare un volume a fascicoli settimanali in stile Fratelli Fabbri Editore per farci stare dentro nomi e discipline sportive. Tutto arriverà il 18 luglio, un giovedì. Oscar Pereriro avrà degli eredi?

lunedì 1 luglio 2013

E dai ch'era ora, benedette ragazze!

Dopo 34 frazioni consecutive - dall'edizione 2009 fino a quella di quest'anno - una ciclista italiana vince al Giro. Giorgia Bronzini, aiutata da un quasi-volo della Vos a dieci metri dalla linea bianca, vince la seconda tappa del Giro-Donne che si è corsa sul circuito di Montecagnano Faiano. Da notare che domani (2 luglio) il Giro toccherà Cerro al Volturno, località in cui ci fu l'ultima vittoria italiana nel 2009.