«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

martedì 1 maggio 2012

Maggio; l'editoriale

L’ITALIA DORME. A MILANO SONO LE 02:53 DEL 13 MAGGIO 1909. CENTOVENTISETTE UOMINI DIVENTANO, SENZA SAPERLO, I PRIMI “SCRITTORI” DI UN’EVENTO CHE LA GENTE AMERA’ FIN DALL’INIZIO. MAGGIO CI PORTA LE ROSE INSIEME ALLA ROSA, E LA MACCHINA DEL TEMPO SI RIACCENDE. 1° MAGGIO; MANCANO 54 GIORNI ALL’INIZIO DEL GIRO D’ITALIA FEMMINILE (di cui non si sa ancora un’accidente…).
“Le parole sono sempre quelle. Ogni anno, ogni primavera. Ne cambi il posto dentro a un testo, ma prima o poi arrivi al cuore del pensiero. Il Giro torna ed attesa e curiosità sono sempre alte. Un Giro “straniero” all’inizio. Un Giro che con il passar degli anni si prostra ai milioni in maniera sempre più evidente. Il retrogusto amaro. Le considerazioni tecniche, le idee sul percorso, sui possibili protagonisti, stanno invadendo in massa gli articoli nei giornali, nel web (anche qui), nelle discussioni tra gli appassionati. Ce ne sono già in abbondanza ovunque, segno che la passione spesso non aspetta che il momento per rifiorire. Da circa un’anno la devastante crisi economica sta facendo a pezzi l’Italia. E siccome i sogni non costano – almeno per il momento – leghiamoci al Giro che, per fortuna, sogno non è. Perché il Giro piace? Si potrebbero sfornare decine di risposte. Forse il suo fascino più potente è quello di saper riportare tutti noi adulti, all’epoca di quand’eravamo ragazzini. Una macchina del tempo dove torni indietro con la mente, apri lo scrigno dei ricordi, e ti rivedi in pantaloncini corti in mezzo a gente urlante, ad applaudire ciclisti che passano in pochi secondi tra le vie del tuo paese. Oppure è semplicemente la festa di un’altra macchina. Una delle più belle inventate da noi umani nella nostra storia, figlia della ruota, oggi usata non più per vivere com’era fino a 50 anni addietro, ma per vivere meglio perché tanto l’indispensabile ce l’hai. La bicicletta, dopotutto, è la prima conquista consapevole di quasi tutti noi. Nessuno di noi ricorda il giorno in cui abbiamo camminato in maniera indipendente. Il nostro primo e vero momento di libertà. Lo apprendiamo solo dai racconti dei nostri cari. Ma molti ancora ricordano la prima bicicletta, da chi arrivava, il colore, magari anche la marca. Qualcuno di noi forse le ha dato anche un nome tutto suo.
Forse è proprio lì che cadiamo tutte le volte che vediamo un Giro passare. Non riusciamo a scappare da quella gigantesca emozione dell’esser stati bambini. Emozione che in quei momenti forse non riuscivamo a vivere come tale, ed invece oggi sentiamo ancora forte nonostante non sia più possibile averla addosso. Il Giro è anche album di ricordi, album nei nostri ricordi. Come noi ha vissuto anni lieti, altri pesanti, magari tragici. Il Giro lo sentiamo nostro perché ha pedalato tra le miserie e le macerie delle guerre, tra le lacrime e le croci dei terremoti non troppo lontani, perché è lì fuori con noi e lo è sempre stato. Per vivere non si è mai chiuso dentro uno stadio, dentro un palazzo dello sport, dentro un recinto. C’è anche il Giro che si corre, ma in quel caso sono gli uomini ad emergere. Le sensazioni legate all’animo spariscono per far posto ai numeri delle classifiche, dei cronometri, dei chilometri. Il Giro dei Campioni che a volte ci hanno regalato delusioni, imbrogli, bugie. Per questo il Giro che spesso ricordiamo più volentieri è quello legato al ricordo di chi, magari sconosciuto, era con noi a bordo strada. Perché quella persona mai vista prima, e che forse mai più rivedremo, è uno dei tanti fili che compongono quella tela multicolore che con il tempo, coi decenni, con 103 anni di storia ci riporta la cosa più bella che questo evento ci mette ogni anno davanti agli occhi; l’Italia del Giro. Bentornato Giro.”

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