«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

domenica 1 novembre 2015

Novembre; l'editoriale

Che Italia sarà quella della prossima generazione? Per forza diversa. Mentre l’altra metà del sellino ha ormai intrapreso la strada estera.
“La prossima generazione italiana di ciclisti professionisti vivrà una dimensione quasi dimenticata per noi nella categoria elite. Perché per la prima volta da molto tempo forse avremo uno stuolo di gambe giovani che non partirà più con l’idea – che ci siamo portati appresso per due decenni – di essere i rappresentanti del movimento numero uno al mondo. I nostri che inizieranno la loro avventura professionistica non avranno più appresso un pedigree di alta rappresentanza ciclistica. Non guarderanno le altre Nazioni dall’alto in basso. Vi è chi lo ha capito da un pezzo, visto che nel settore femminile quasi tutte le nostre migliori ragazze sono tesserate per squadre estere. I motivi sono più d’uno, con quello economico purtroppo sempre presente, ma non solo. Barbara Guarischi è una ciclista di lecco (anche se nata a Ponte San Pietro nel bergamasco), ha 25 anni, correva con la Velocio-Sram. Ha vinto la medaglia d’oro nella crono-squadre elite ai mondiali di Richmond. Corre all’estero come Giorgia Bronzini, come Elisa Longo Borghini, come Silvia Valsecchi, come Tatiana Guderzo, insomma la famosa ‘crema’ del nostro pedale rosa. Le sue parole, rilasciate ad un giornalista della Gazzetta nei giorni iridati, dicono tanto in poche righe; ‘Mi dispiace dirlo, ma all’estero entri in un altro mondo. Impari molto di più che in Italia e le tue qualità riescono ad emergere. Devi pensare soltanto ad allenarti, fare attenzione a mangiare nel modo giusto, e concentrarti sulle tue corse. Al resto pensa lo staff. Mi dispiace che la Velocio chiuda un ciclo, ma ho già firmato un contratto per restare all’estero’.”

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