«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

martedì 5 novembre 2013

Il ciclismo davanti al caminetto (1^ p.)

E RIECCO IL PERIODO DEDICATO ALLA BICICLETTA LONTANA DALLA STRETTA ATTUALITA’. STAVOLTA PER PARLARE DI CHI DAL CICLISMO E’ SCAPPATO, O DI CHI CERCA (IN OGNI IL MODO) DI FARE IL CONTRARIO.
Partiamo da diversi anni addietro e andiamo a ricordare un ex talento del nostro ciclismo, uno di quelli che come si dice erano predestinati, che prima o poi doveva fare il botto nel senso buono del termine. Nel 2007 Giuliano Fugueras aveva 31 anni, ed era quindi nel periodo considerato migliore per la carriera ciclistica. Un’intervista del tempo, a firma di Luigi Perna della Gazzetta, ce lo raccontava ingrassato di 10 chili in 5 mesi: due chili al mese, media perfetta. Aveva deciso di mollare tutto, questo si di botto. “Ero solo stanco. Logoro. Stufo di alzarmi ogni mattina per fare 6-7 ore in bici. È molto semplice: mi sono "scocciato" di fare il corridore e ho deciso di smettere. Quello che dovevo dare al ciclismo l’ho dato" disse al giornalista della rosea. “Mi era venuta la nausea. È stato difficile accettare il distacco, perché sono una persona molto sensibile. Ho anche chiesto l’aiuto di uno psicologo. Ma questa depressione non è stata la causa dell’addio, semmai la conseguenza". Sul discorso doping precisò che: "Non è stata la necessità del compromesso a farmi smettere. Quello è qualcosa che esiste e che da corridore accetti. È brutto dirlo, ma è la realtà. Spetta a chi comanda il ciclismo eliminare la possibilità di scorciatoie. Ma io resto innamorato di questo sport e so che un giorno lo rimpiangerò" Chiuse con le idee chiare sul fatto che: “Nel ciclismo lavorerei solo con i giovani. Tra i pro' ci sono facce che non voglio più vedere" Questo fu il commiato di Figueras dal plotone. E risalta il fatto di quelle “facce che non voglio più vedere” che forse furono il vero motivo del non avere voglia di continuare a faticare insieme. Questo il pianeta da cui decise di andarsene il ciclista italiano. Pianeta che invece un’altro italiano, Davide Rebellin, non vuole abbandonare. E da questo lato con le idee ben chiare al riguardo. Il veneto non era un ciclista da poco. Quando correva i Mondiali era spesso la penultima carta da giocare nel finale per lanciare Bettini. A lui resta un tris di vittorie da leggenda nelle Ardenne, a cui aggiungere altre due Freccia Vallone, se non le avesse sporcato tutto con un record che speriamo rimanga imbattuto, quello del primo e fin’ora unico medagliato olimpico italiano ad aver subito poi una squalifica per doping (un’altro atleta, marciatore trentino, che mangiava decine di barrette Kinder ogni giorno e latte a secchiate, il titolo del 2008 ce l’ha ancora). Rebellin – 42 anni compiuti – durante il Giro del trentino scambiò due parole con Marco Bonarrigo di CyclingPro: “Non mi va più di parlare di quella storia. È stata troppo dolorosa.” In questi giorni è iniziata nei suoi confronti l’indagine per doping e per evasione fiscale – quando risiedeva a Montecarlo mentre la famiglia faceva la spesa quotidiana e si faceva mandare la posta in quel di Galliera Veneta – e sulle corse è convinto che nonostante i suoi 42 anni: “…sono integro, ho anni davanti. Vorrei essere un modello per i giovani, magari nel ruolo di allenatore”.
Chi parla assunse, nel dettaglio, ‘Eritropoietina, specialità Mircera di Roche classe ormoni’ e al contrario di Figueras, che stufo decise di dir basta, cerca invece di rimanere attaccato al mondo dello sport ed è anche imbarazzante che ad evidenziare ed esprimere una passione così forte per lo sport, sia una persona che allo sport ha solo fatto del male con la via dell’imbroglio. Non è l’unico atleta che smessa l’attività sportiva, e quindi la vita da sportivo, ha cercato di riciclarsi in altri ruoli ma sempre nel medesimo ambiente. Cipollini tornò anche a correre per un periodo di pochi mesi poi mollò nuovamente, successivamente si mise a fare il presunto preparatore atletico per il team femminile della MCipollini, tant’è che fu l’unica occasione in cui il TG sportivo RAI fece un servizio su di una squadra ciclistica di donne (da notare: non per parlare delle ragazze, ma perché Re Imbroglione – pieno fino alle orecchie come da Gazzetta di febbraio – si era messo a dir loro come ci si prepara fisicamente). Non contento, Cipollini meditò ancora un’altro ritorno per correre due settimane del Giro del 2012, che siccome fino a Cervinia (14^ frazione) non era poi così tremendo, s’era messo in testa di tornare con la Farnese di Scinto, sfruttando il fatto che quest’ultima usava le sue biciclette. Per fortuna Scinto gli fece capire che era meglio non parlarne proprio. Altri casi sono più recenti: Bartoli si era messo – e probabilmente lo fa ancora – a seguire la preparazione atletica di alcuni ciclisti Lampre, o Di Luca che poche settimane addietro ha fatto scena muta davanti al PM, perché tanto che ti cambia se comunque sai che ti squalificano a vita? Meglio non fare la figura del traditore, così i ciclisti e gli altri personaggi marci sapranno indirettamente che di me possono ancora fidarsi e dall’ambiente sportivo riuscirò a non uscirne mai. Non vorrai mica che mi tocchi d’andare a lavorare?

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