«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

domenica 26 agosto 2012

VERDETTO FINALE? NON SOLO PER LANCE!

Guardando dall’alto l’infinita storia riguardante Lance Armstrong non si va a processare soltanto il ciclista americano, ma volenti o nolenti anche un’intera generazione ciclistica. Chi di ciclismo è profondo appassionato, segue certamente più di altri le tante sfumature che riguardano questo mondo. Nelle cose buone, in quelle cattive e nelle valutazioni che spesso emergono tra le righe. Tornare sulla questione riguardante Lance Armstrong sarebbe solamente una cosa ripetitiva e che poco aggiungerebbe di nuovo. La cosa che invece andrebbe analizzata con un po’ di tempo in più, riguarda il fatto che processare ed eventualmente condannare Armstrong, sarebbe una condanna finale e definitiva non solo per lui, ma per un’intera generazione di protagonisti dello sport ciclistico. Grazie ai miglioramenti continui che negli ultimi 15 anni la scienza medica antidoping ha potuto mettere sul piatto, al riguardo dell’efficacia del proprio lavoro, i risultati dei tanti laboratori “anti-truffa” sparsi ovunque hanno ricevuto sempre più credibilità da parte di tutti. L’attesa per una controanalisi oggi è meno sentita che non un tempo. Il primo risultato gode già di una forte credibilità, per non parlare di certezza assoluta. Anche dagli appassionati stessi. Le favole non le racconti più. Andando a ritroso negli anni (non serve scavare nei decenni precedenti ma bastano anche solamente gli ultimi quindici anni) è impressionante la percentuale di atleti che arrivati sul podio del Tour de France hanno avuto a che fare con questioni, più o meno gravi, legate al doping. Certo non è solo questione di Giro di Francia, ci mancherebbe anche questo. Anche il più tenace e convinto appassionato di questo splendido sport, quando vero e non falsato, non può pensare che solo per il Tour gli atleti facevano uso di prodotti dopanti. Dentro centinaia di fascicoli finiti sulle scrivanie dei giudici di mezzo mondo, ci sono atleti di tante nazionalità e squadre diverse, ciclisti che oggi sono tornati anche a vincere dopo aver scontato le loro rispettive squalifiche. Armstrong può essere considerato un’atleta simbolo, il nome più rappresentativo, ma non è l’unico diavolo in un mondo con sempre meno angeli. Prima di lui ci sono stati gli anni della Telecom di Bijarne Riis e Ian Ullrich, il caso mai risolto di Pantani (in quel caso al Giro) che ha distrutto l’uomo prima ancora dell’atleta, la vicenda della formazione Festina al Tour 1998 scoperta come la prima vera e propria organizzazione ciclistica votata al doping di squadra. Poi la positività di Floyd Landis che da alcuni anni accusa proprio Armstrong, dimenticando che lui stesso, una volta scoperto falso campione, è stato autore di un teatrino del ridicolo che è stato anche più imbarazzante dell’imbroglio stesso. In anni più recenti le squalifiche per Basso, per Ullrich che ha chiuso la carriera, per Vinokurov che incerottato all’inverosimile andava come il vento sulle strade di un’edizione del Tour, per poi venire pizzicato senza possibilità di replica da tanta era la chiarezza della frode. Degli italiani Piepoli e Riccò che furono autori dell’inizio della fine dell’allora formazione Saunier Duval, azienda che aveva appena deciso di investire ancor di più nel ciclismo e due mesi dopo chiuse baracca giustamente schifata. Non dimentichiamo l’edizione 2002 del Giro d’Italia con gli allontanamenti di Simoni, Garzelli, Chesini arrestato durante i giorni della manifestazione, Romano che si costituisce dopo l’emanazione di un mandato di cattura nei suoi confronti, poi Zakirov e Sgambelluri anche loro positivi ai controlli. Riis che qualche anno dopo ammette l’uso di EPO quando vinse il Tour, per poi vederlo ancora oggi a lavorare in carovana, come il tedesco Zabel. Solamente in questi ultimi tempi stampa e addetti ai lavori dei mass media iniziano a fare piccoli timidi accenni a un ciclismo odierno più pulito rispetto al passato. Piccole ammissioni che raccontano tra le righe di quanto i professionisti che hanno raccontato questo sport si siano turati il naso negli anni precedenti, per amor di cosa un giorno (forse) ce lo diranno. Perché tutte le questioni che riguardano l’ex ciclista statunitense Lance Armstrong in questi anni, abbracciano indirettamente tutto il ciclismo che ha entusiasmato con lui sulle strade, che ha fatto lo stesso in termini audience televisiva, che ha riempito di fama molti protagonisti anche idolatrati, italiani e non, degli ultimi tre lustri sportivi. Non è solo questione di ciclismo, tutto lo sport non può permettersi di scagliare la prima pietra. L’iceberg della falsità è emerso con il suo apice, in questo caso sventolando una bandiera statunitense, ma non dimentichiamo che il dottor Michele Ferrari – vero e proprio “guru” mondiale della scienza medica applicata allo sport – non è certo uomo d’oltreoceano. Fino a qualche anno fa era normale porci la domanda “Siamo presi in giro?”. Oggi quella stessa domanda è cambiata, dandoci una risposta sottintesa molto triste, nascosta tra le parole che la compongono: “Quanti e da quanto ci hanno presi in giro?”

2 commenti:

Cactus ha detto...

Bellissimo post, complimenti.
Hai scritto in toto tutto quello mi è passato per la testa negli ultimi 10 anni.
Cactus
Blog Oltre l'Ostacolo.
PS: quando poi cominceremo ad estirparlo dagli amatori allora saremo a metà dell'opera

Manuel (Ciclismo PST) ha detto...

Grazie per le tue parole. Sono concorde con la tua idea sugli amatori.