Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
mercoledì 23 gennaio 2013
La polvere? Sotto il tappeto!
“Non ci sono stati trucchi che abbiano fatto differenze, anzi, tutti si faceva ciò che si poteva, ciò che la legge dell’uguaglianza suggeriva”. Fu l’ammissione, mooolto indiretta, che l’italiano Pantani fece nel novembre del 1999. La pagina è la 149 del testo “Pantani: un eroe tragico”, del trio Bergonzi/Zazzaroni/Cassani. Una frase che in tivù non è mai stata riportata con l’importanza che merita, perché rompere il giocattolo ciclismo vuol dire dover andare a lavorare sul serio e non poter più fare la star davanti la telecamera. La “legge dell’uguaglianza” citata dallo scomparso ciclista non può essere toccata. E intanto sulla cima del Monte Imbroglio c’è una sola croce, un tempo ornata di una bandana, oggi avvolta in una bandiera stelle e strisce. L’effetto domino non ci sarà, almeno per ora. Lance non ha voluto fare la spia. D’altronde fare la spia è la peggior cosa. Basta ricordare quando Di Luca “usò” furbescamente, nelle prime interviste pre-ritorno alle gare, le telecamere e la stampa per far partire in primis il messaggio che lui non aveva fatto nomi ma solo parlato di metodologie, come invece aveva riportato la stampa nelle settimane precedenti. Doveva far partire il messaggio criptato “non ho aperto bocca, non vi ho traditi”. Avete mai provato a nascondervi dietro a un lampione? Provate a pensare con una rapida immagine nel vostro cervello a una persona che si nasconde dietro un lampione. Ecco, è stata la puntata che la RAI ha messo in piedi la settimana scorsa, al mattino, dopo la prima metà dell’ammissione di Armstong sul doping, dove si è cercato di far combaciare il più possibile che Lance era il doping. Un po’ come Pantani a cavallo del millennio. Con il romagnolo che dopo la sua morte è stato (e viene ancora) puntualmente rimpianto sui giornali – e soprattutto in tivù – da chi, giornalisti, dirigenti, ex ciclisti, cambiava marciapiede per l’imbarazzo, quando si sapeva che l’uomo si stava rovinando con le droghe.
Quindi adesso si deve ripartire, credo per la sesta o settima volta in tre lustri, e soprattutto cercando di non parlare di un ciclismo falsato a valanga negli ultimi 15-20 anni. Bisogna essere ottimisti perché cosa diciamo ai giovani, ai ragazzi? Giusto. Non diciamo loro che una buona rappresentanza di chi oggi guida le ammiraglie era in sella nel ciclismo dell’EPOca d’oro, non facciamo loro notare (ai giovani) che molti commentatori televisivi delle varie televisioni arrivano dallo stesso periodo, non diciamo che Thomas Dekker (che con Armstrong non c’entra una piffero) ha denunciato un doping di squadra nella Raboank dalla metà del decennio scorso fino all’anno passato. Oppure possiamo parlare senza paura. Perché, la famosa frase, “Oggi il ciclismo è molto più pulito di un tempo”. non la cambiamo con un; “Oggi c’è un’antidoping che rispetto vent’anni fa ha più possibilità d’incularti”. Perché tralasciare il fatto che i due professori più famosi del doping degli ultimi 30 anni, Conconi e Ferrari, non sono di certo uno aborigeno e l’altro islandese, visto che sembra che il doping sia solo roba texana. Lance pensi alla fondazione e lasci perdere il tornare a fare competizioni anche se solo da Club del Prosciutto. Aiuti la gente che sta morendo di cancro, visto che fin’ora ha fatto un gran lavoro, e se vuole tornare al ciclismo lo faccia aiutando l’UCI a cambiare dirigenti, per prima cosa, e a spifferare di tutto e di più sulle cose che ha visto, usato, sentito, concordato negli anni in cui faceva il ciclista. Noi italiani cominciamo a stare zitti visto che Conconi, Ferrari, Gotti, Casagrande, Simoni, Frigo, Garzelli, Piepoli, Riccò, Sella, Basso, Scarponi, Di Luca, Rebellin, Simeoni, Bertagnolli, i DS dei dilettanti Leali e Piccoli, la “famiglia” Bernucci (con moglie, madre, fratello e suocero coinvolti) sono un buon viatico per dire che la nostra Nazione è stata buona protagonista anche da questo punto di vista. Ma certo, toccare il periodo degli ultimi 15-20 anni è vietato, visto che il nostro ciclismo ne era quasi padrone.
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