Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
martedì 1 settembre 2015
Settembre, l'editoriale
Ci sono nazioni, come la nostra, che vanno orgogliose della loro storia ciclistica. Poi ci sono quelle che la loro storia l’hanno presa a calci. Per cercare di ripulirsi.
“Un noto Trofeo Under 23 italiano, una internazionale disputatasi non molto tempo addietro, ha avuto ai nastri di partenza una quarantina di partecipanti. In due parole, una miseria. Nel periodo estivo – e per circa due mesi – in Italia non ci sono state corse professionistiche di buon livello, figurarsi di alto, perché i soldi sono finiti per molti, e ne sono rimasti pochi per gli altri. Una situazione che da decenni non si verificava. Se si ha la possibilità di andare a vedere qual’era il calendario di corse in Italia fino a pochi anni addietro si resta di sasso. L’Italia vede il suo ciclista numero uno – e uno dei migliori in senso assoluto – squalificato dalla Vuelta perché pizzicato a fare il furbo in corsa attaccandosi all’ammiraglia sotto gli occhi di tutti come un fesso qualunque, e sempre noi abbiamo fino a questo momento il più alto numero di dopati pro’ per questa stagione. Una situazione che per l’immagine del ciclismo italiano non si può accettare, ma che difficilmente cambierà nel breve periodo, visto che situazioni di questo tipo sono puntualmente evitate nel racconto dell’informazione specializzata. In Germania sono tornati a trasmettere sulla televisione in chiaro il Tour de France, dopo che per diversi anni la tivù pubblica teutonica si è rifiutata di trasmettere uno spettacolo sportivo che puzzava di falso. Il movimento ciclistico tedesco è ripartito quasi da zero, smettendo di sventolare vecchie ‘bandiere’ che pedalavano in gruppo dagli anni ’90, così come la nomea della T-Mobile, una formazione ciclistica paragonabile per cultura doping alle varie Festina e US Postal poi Discovery Channel. Oggi la Germania viene da due stagioni come prima Nazione al mondo per risultati globali, più di 20 le tappe vinte al Tour in quattro edizioni e vecchi tecnici (o presunti tali) che erano nelle ammiraglie tedesche anni addietro, sono andati a lavorare in squadre di terzo piano fuori dall’Europa. In Germania hanno dato veramente calci nel sedere, mentre noi definiamo “una cosa illogica” (Davide Cassani) la positività per droga di Paolini al Tour, quando invece a casa nostra avremmo dovuto chiamarla una vergogna.“
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento