Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
mercoledì 19 agosto 2015
Ancora doping, ancora ciclisti, ancora Italia.
La Wada (World Anti-Doping Agency) è un brutto cliente. Gente con le palle quadrate che a differenza dell'FCI, e a volte l'UCI, ti sta dietro finchè non ne puoi più. Lance Armstrong ne sa qualosa. Adesso la Wada può controllare urine e sangue, anche se questi sono stati prelevati diversi anni prima, fino a dieci. Stavolta è Gianpaolo Caruso il ciclista positivo all'EPO. La sua provetta era del marzo 2012, e la differenza l'ha fatta un metodo di controllo più sofisticato che ha fatto scoprire il marcio. Dopo Luca Paolini al Tour, sempre uomo Katusha, un'altro dei bravi ragazzi di Suor Peppa De Stefano si dimostra tutto fuorché bravo. La domanda è; se questa provetta è del marzo 2012, il ragazzo ci ha presi per il sedere fin da quel tempo? E se questo nuovo sistema di controllo doping è così efficace, dobbiamo attenderci molte altre sorprese? E quando la finiremo di dare retta a gente che dai pulpiti televisivi continua a definire i ciclisti come vittime?
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