Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
domenica 14 dicembre 2014
Il ciclismo davanti al caminetto (5^ p.)
In bicicletta incontri gente di ogni tipo. Anche tipi che ragionano in maniera strampalata. Ma se fai due conti col resto del mondo, ti appaiono meno insani di certa gente che ha sempre una risposta per tutti e una lagna su tutto. Capita spesso che nelle ultime pedalate dell’anno la testa mi riporti alle prime. Le partenze nelle gelate d’inizio febbraio, o fine gennaio, incorniciate dal sole che un pelo ti scalda la schiena nelle ore della tarda mattina e del primo pomeriggio. Intanto invecchi e senti che quello che facevi tot anni prima te lo sogni, e se non te lo sogni devi faticare tanto di più per rifarlo. Poi, quando sei riuscito a farlo, ti senti il fiatone durare di più, questo perché sei più vecchio. A volte succede che parli con gente che forse per nasconderlo a se stessa tira fuori la solita; “l’importante è sentirsi giovani dentro” magari convinta che così dicendo il tempo si fermi. E ci ritroviamo in un’epoca dove una persona che ti fa di questi discorsi ha dieci anni più di te, e si tinge i capelli per dimostrane altrettanti meno di te. Allora capisci quanto vale (poco) il senso della realtà di questi maestri di vita, che forse temono d’uscire dalla cercata prigionia del sogno. Intanto pedalo e quella salita nemmeno poi così lunga, che un tempo sopportavo bene, oggi fa più male, è più pesante, è più bastarda, e il cambio di ritmo diventa un supplizio per farlo venir fuori. Poi ce la faccio, ma che fatica. E Manuel perché fa più fatica? Perché è più vecchio. Il bosco adesso – primi giorni di dicembre – diventa silenzioso, anche se pedalo col sole. A febbraio invece il bosco lo percepisco risvegliarsi e questo mi rinfranca. Gli unici rumori che sento adesso sono quelli dei bipedi lavoranti facenti legna. Gente che per tutto l’anno il bosco l’aveva evitato, c’aveva girato attorno, adesso vi ci lavora nel cuore. Cataste disseminate, colpi d’accette che risuonano ma faccio fatica a vedere da dove questi provengano, il tradizionale piccolo fuoco acceso nelle vicinanze per darsi una veloce riscaldata di 5 minuti alle mani, che guanti o non guanti sono fredde. Primo pomeriggio; il sole sta già scendendo nell’ovest del rimpianto. In questo periodo dell’anno l’astro corre in cielo più velocemente di quanto faccia un ciclista in discesa. Vicino alle case legnaie ormai ricolme. Però, se butto bene l’occhio, vedo che hanno già iniziato a calare. Allora, mentre invecchio e mi accorgo di queste solite cose, altri non le scorgono e probabilmente nemmeno gli interessa farlo. Troppo impegnati/e a scorgere il contachilometri e a lamentarsi di quel che hanno. Meno male che non gli manca qualcosa. In giro c’è gente che da come vede le cose mi pare già con un piede nella fossa. Sarà per questo che devono correre? Per tenersi lontani il più possibile dalla fine del sogno?
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