Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
mercoledì 26 novembre 2014
Il ciclismo davanti al caminetto (4^ p.)
C’era una volta il ciclista della domenica, una bestia bipede che con il tempo pare si sia……. volontariamente estinta. Che tracce sono rimaste ai giorni nostri di questo essere, fioriero di storie leggendarie com’anche apparizioni misteriose, oggi sostituito da una genìa di apparenti super-uomini?
Tutta la roba che leggerete in questo articolo sarà figlia di un tizio (io) che facente parte di una realtà ciclistica (PST Feltre) con un’idea tutta sua sul mondo della bicicletta, vi presenterà delle righe scritte in maniera puramente partigiana. In questo periodo c’è chi la bicicletta l’ha messa a dormire e chi si prepara a farlo. E una scorsa su vecchie riviste di ciclismo amatoriale sono mia tradizione. Se fino alla metà degli anno ’90 leggevi nelle righe, e anche tra di esse, il sapore di un modo di praticar ciclismo ancora ‘pane & salame’ (e rieccomi con la vecchia litania!), dal periodo fine vecchio/inizio nuovo millennio vi è stata una potente sterzata in ogni cosa: gli argomenti principali riportati in copertina sono passati dalla località da visitare pedalando, all’elenco delle granfondo del mese; l’invito a leggere un’articolo a pagina ‘tot’ sull’alimentazione, viene ora riproposto in maniera specifica per l’alimentazione certo, ma durante la gara di turno; i consigli per arrivare alla fine delle granfondo cambiano registro e diventano i parametri da usare per scegliere la corsa più adatta e cercare di costruirsi una propria classifica finale migliore; i 40/50 chilometri a settimana durante l’inverno (chi se li fa) divengono la base, perché ora devono venire integrati da sedute di palestra ed esercizi di ginnastica da fare a casa, e se piove via coi rulli a casa; quando l’annata in bicicletta finisce non è più il momento di staccare la spina, ma diventa il periodo migliore per il famoso (e già citato forse un’anno addietro); “….analizzare con più calma la stagione appena conclusa, gli eventuali errori commessi (eh beh certo, non si può mica buttar via così una gara….) e programmare in maniera più proficua la prossima”. Tutti discorsi perfettamente condivisibili, e quasi certamente molto utili, per una visione però abbastanza simil-professionistica della specialità sportiva scelta. Le granfondo, ed il loro forte gradimento da parte della maggior parte degli appassionati – vedi come risultato le diverse riviste ‘dedicate’ oggi ben presenti nelle edicole – hanno creato un’ulteriore ‘scrematura ciclistica’ nelle tipologie di bipedi praticanti. Se fino agli anni ’80 vi erano principalmente il ciclista professionista, il dilettante, il ciclo-amatore (o ciclista della domenica) e il ciclo-turista, nell’arco di circa 15 anni si è registrata un’ulteriore specifica nella ‘categoria’ del ciclista amatore, che si è divisa in “granfondisti” e quindi amatori. Quando pedalo mi capita (spesso) di essere raggiunto da qualche ciclista, com’anche capita (meno spesso) che sia io a raggiungere. A volte succede che questi bipedi su velocipedi scambino anche due parole con il bipede qui scrivente. Bene, o il 90% dei ciclisti della Valbelluna raccontano favole, oppure la percentuale tra loro che fa ciclismo senza guardare alle GF sfiora la miseria, senza escludere la possibilità che questi ultimi escano in bicicletta soltanto nelle ore notturne. Insomma, pare che “o granfondista o niente” sia lo status attuale. Nella pagina web della PST Feltre fino a qualche mese addietro vi era la dicitura; “L’associazione degli animali ciclistici in rapida estinzione”. Hai visto mai parole che furono più profetiche, specie riguardo al termine “rapida”?
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