«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

sabato 3 novembre 2012

Il ciclismo davanti al caminetto (parte 1)

IL CICLISMO D’INVERNO. QUELLO DAVANTI AL CAMINO, QUELLO DELLE RIFLESSIONI, DEI PENSIERI A BORRACCE VUOTE. INCONTRIAMO ILARIA PRANZINI, SENZA ESAGERARE “THE OFFICIAL ITALIAN BLOGGER” RIGUARDANTE UN CERTO ANDY SCHLECK.
Il ciclismo davanti al caminetto è più quello del ciclismo pane e salame che non quello delle classifiche. Andiamo ad iniziare oggi questa serie di articoli che solitamente prendono spazio nel periodo autunno/inverno. Conoscendo Ilaria da alcuni anni non ho avuto difficoltà a mettere in piedi questa intervista in cui non si parla di Andy Schleck, ma di chi appunto racconta un’atleta. Ilaria segue la carriera di Andy da diverso tempo. Abita a Firenze (lei, non Andy), laureata, insegna filosofia, parla diverse lingue, fa la mamma, e per ora basta così. Il resto ce lo facciamo raccontare. Le foto di questo articolo (tranne la prima) sono state "rubate" dal profilo Facebook di Ilaria. Cara Ilaria, potrei prendere un vecchio numero di “Ciclismo” (rivista per cui in qualche occasione scrivi) e trovare spunto da lì. Ma mi piace far finta di niente e trattarti da emerita sconosciuta. Da alcuni anni nel tuo sito segui con puntualità la carriera di Andy Schleck. Perché proprio lui? Cos’è che ha fatto scoccare la scintilla ciclistica? “Meglio così visto il titolo del famigerato articolo – non scelto da me e tantomeno concordato. Che devo dire? Sembrerà strano ma nel 2007 non mi ero accorta di Andy, che a 21 anni era arrivato secondo al Giro vincendo la Maglia Bianca. L'ho notato al Tour 2008, in particolare nelle tappe alpine: aveva una potenza in salita e una compostezza non comuni.” Andy è uno dei “big” del movimento internazionale. Difficile stargli dietro dal punto di vista delle notizie o delle curiosità che lo riguardano? “Sì, molto e per due motivi opposti: da un lato Andy è una star, dall'altro è un ragazzo molto timido. Nel 2008 io sono andata tranquillamente a suonare alla porta dei suoi genitori in Lussemburgo e ho conosciuto praticamente tutta la sua famiglia, ma quando Andy è diventato famoso – dopo la vittoria nella Liegi nel 2009 e poi come sfidante di Contador al Tour de France – ha subito un vero e propro assalto da parte di media e fan, cui ha reagito male, chiudendosi in se stesso. La cosa è peggiorata dopo la 'cacciata' dalla Vuelta nel 2010 e adesso avere a che fare con Andy non è per niente facile: rilascia pochissime interviste e le notizie 'personali' passano solo per via confidenziale. Abbiamo molti amici in comune, il che significa che io vengo a sapere molte cose... ma mi guardo bene dal pubblicarle sul mio blog! Per Andy la sfera privata è sacra e MOLTO ampia. Per fare un esempio: alla presentazione della Leopard, in Lussemburgo nel 2011, gli ho detto “Allora sei andato ad abitare da solo finalmente!” e lui: “Questo è privato”. Ma lo sapevano già tutti! Io non l'ho scritto fino a quando non è stato ufficializzato in un'intervista su Le Quotidien.” Solitamente, quando ti capita di poterlo incontrare direttamente? "Nel 2010 ci siamo visti praticamente una volta al mese! Alle corse, alle conferenze stampa, durante i ritiri e altre iniziative della squadra. Due volte ho 'rischiato' di incontrarlo in Lussemburgo: la prima, sotto Natale 2009, avevamo un appuntamento, ma lui era a caccia ha fatto tardi, la seconda... abbiamo litigato di brutto. Ma alla fine è servito a rinsaldare il nostro rapporto. Quest'anno è stato un vero disastro: dopo il ritiro a Calpe pensavo di vederlo alla Parigi-Nizza, a Liegi e poi al Tour de France, ma... sappiamo come sono andate le cose. Però ci siamo sentiti per sms.”
Essendo un ciclista molto famoso a livello internazionale, i suoi sostenitori saranno ben distribuiti. Hai contatti con suoi fans di altre Nazioni? “Faccio parte del Fan Club Frank e Andy Schleck, con sede nel Lussemburgo ma iscritti in tutto il mondo. Ce ne sono molti in Francia e anche negli USA. In Italia c'erano nel 2007/2008 ma la cattiva stampa e il rifiuto di tornare al Giro li hanno decimati. Molti fan seguono il mio blog e molti mi chiedono l'amicizia si facebook. All'inizio ero contenta e curiosa, ma mi sono stufata presto: per lo più si tratta di ragazzine! Poi ci sono gli appassionati di ciclismo, quelli che lasciano commenti seri, alcuni 'interni' alla squadra o al mondo del ciclismo. Gli Schleck in Lussemburgo sono stati e in parte sono ancora eroi nazionali. Nel 2010 al Gala Tour de France c'erano 30.000 persone in un paese che ha circa 300.000 abitanti! Attualmente però la loro popolarità è in calo e molti fan si sono trasformati in 'haters', detrattori, che si divertono a prenderli in giro nei forum e su twitter. Io non mi sono mai definita né sentita una 'fan', è un approccio allo sport che proprio non mi appartiene. Mi piace il ciclismo, anche nei suoi aspetti tecnici, mi piace andare in bici – quando ci riesco! - e mi piace Andy Schleck, come ciclista e come persona. Proprio perché lo conosco sono ben lontana dall'idolatrarlo il che probabilmente mi impedisce di passare dall'esaltazione alla diffamazione.” Qual è stata la trasferta più lunga che hai fatto per seguirlo? ”Probabilmente quando sono andata nei Pirenei in treno per poi aggregarmi al pullman del Fan Club per seguire l'ultima settimana del Tour. Era il 2010 e io ero convinta che Andy avrebbe vinto. La maglia l'ha indossata quest'inverno dopo la squalifica di Contador e la riassegnazione: era contento ma non soddisfatto. Se ha combinato qualche sciocchezza alla Vuelta è stato proprio per l'immensa delusione di quel Tour: io ero a Parigi e me lo ricordo bene. Ma di trasferte lunghe ne ho fatte tante: arrivare a Calpe l'inverno scorso è stata un'impresa e una volta mi sono fatta 10 ore di treno per andare alle classiche delle Ardenne nonostante il vulcano islandese.” E quella che ti sei pentita di aver fatto, per contrattempi o difficoltà particolari? “Ahahah! Nel 2009, Tirreno-Adriatico, sono andata in treno dopo il lavoro fino a Carrara, ma il treno era in ritardo, la strada per l'arrivo già chiusa e così mi sono dovuta accontentare di vederlo passare a una rotonda sull'Aurelia! E' stato frustrante però non mi sono pentita, lo rifarei anche sapendo che andrà di nuovo così. Magari mi porterei una macchina fotografica decente in grado di dare un senso alla cosa...” Tra quel che scrivi su Facebook, su Twitter ed ovviamente nel tuo sito “Allez Andy”, ne avrai conosciuta di gente che pedala, lavora, dirige nell’ambiente ciclistico di alto livello. Due o tre nomi di persone che sono più simpatiche di altre? “Be' ovviamente Mauel Moz! Ihih. Va be', seriamente: per il reparto commentatori, fra gli italiani Laura Grazioli di CicloWeb, il mio punto di riferimento per la pista e ottima amica, poi Stefano Bertolotti, compagno di ogni partenza e arrivo vissuti sul posto, fra gli stranieri senz'altro l'americano Daniel Benson di Cycling News – la bibbia dell'informazione ciclistica! - poi l'olandese Renaat Schotte di Sporza e l'inglese Anthony McCrossan: ottimi giornalisti ma anche persone squisite. Fra i fotografi il mio preferito in assoluto è il lussemburghese Georges Noesen: quando Andy parlava in conferenza stampa dopo l'incidente al Delfinato gli ho chiesto se andava e di mandarmi una foto, perché lui sa cogliere l'anima e io volevo capire come stavano veramente le cose. Fra i dirigenti di federazione l'unico che conosco bene è il Segretario di quella lussemburghese, Ed Buchette: averne anche in Italia di dirigenti così! Ne ho detti proprio pochi, me ne vengono in mente tanti altri. Fra i ds... sarò contro corrente ma a me Bruyneel piace, come persona, al di là del bene e del male. Poi non posso non nominare il grande Danny In T Van: autista storico prima della Saxo Bank e poi della Leopard- RSNT. Corridori? Ce ne sono troppi! Ci vorrebbe una domanda a parte.” Solitamente scrivi in inglese. Penso io; da noi Andy non è seguito. Oppure è una tua scelta precisa visto che parliamo di un ciclista estero? "Ho cominciato in italiano ma non mi seguiva nessuno. Non è un fatto ciclistico ma un fatto di cultura informatica: il mio blog si è inserito in un filone preesistente in lingua inglese, quello dei blog ciclistici femminili. Negli anni però Allez Andy! è cambiato, è diventato più 'serio' e forse meno 'femminile'. Sono cambiati anche i lettori, che però sono sempre tanti e da tutto il mondo. Scrivere in inglese ha il vantaggio di metterti in contatto con tutti. Nonostante i cambiamenti, sono rimasta fedele all'ispirazione originaria: scrivo di ciclismo ma anche di me e cerco di dare importanza al raccontare, allo scrivere bene. In inglese non è esattamente un compito facile, ma insomma... dicono che sono migliorata! Il famigerato articolo di “Ciclismo” mi presenta addirittura come insegnante di inglese! Falso: insegno – ogni tanto – filosofia...”
Mai avuti “reclami” dai diretti interessati, anche se in modo bonario, su articoli che avevi fatto su Andy o altri ragazzi del Team Radioshack? Se si, quando? “Assolutamente no. Chi mi legge sa che a volte ci sono andata giù dura ma nessuno ha mai protestato. Nel 2010, come accenato sopra, io e Andy abbiamo litigato di brutto e io ho pubblicato un articolo che ha fatto arrabbiare molti. Non lui. E notare che proprio quell'inverno Andy ha chiesto e ottenuto la chiusura di un sito – www.andyschleck.com – che era stato scambiato dalla stampa per suo sito ufficiale, nonostante fosse chiaramente un sito di fan. Evidentemente fra noi si è creato un rapporto di fiducia: posso essere critica, ma Andy sa benissimo che non scriverei mai contro di lui. Inoltre il mio è un blog serio: niente gossip.” Da cosa e nata la possibilità di scrivere per la rivista “Ciclismo”? Dal caso. Ho conosciuto il capo redattore alla partenza della Tirreno-Adriatico del 2011 a Marina di Carrara e da lì ci siano tenuti in contatto. Quando sono tornata da Calpe con un sacco di foto e di interviste – e dopo aver pubblicato il mio reportage in inglese sul blog – gli ho proposto di scrivere qualcosa per loro e lui ha accettato.“ Qui a Feltre c’è un tizio che se gli parli della Madonna o della Guderzo per lui è la stessa cosa. Mai avuto a che fare con fanatici del genere tramite il tuo sito? “Sì e no. Ho avuto a che fare con ragazzine isteriche, questo sì. Sono stata accusata di lesa maestà quando ho detto che Andy era tenuto a rispondere alle mail/Sms come un comune mortale e che altrimenti era un maleducato.... Ma tutto sommato le fanatiche si rivolgono altrove. Credo che il punto dirimente sia la mia conoscenza reale di Andy, nel mondo terreno. Una volta una ragazza aveva commentato una sua foto con frasi estremamente imbarazzanti, le ho fatto notare che probabilmente le avrebbe lette e... ha funzionato. Molte persone parlano su internet come se i corridori fossero personaggi di un telefilm, irreali e privi di sentimenti. E' una cosa che non sopporto.” Hai dei ciclisti del passato che seguivi? “Da bambina il mio mito era Indurain, poi mi sono innamorata di Roche, l'anno che vinse tutto. Poi direi basta per un bel pezzo.” Hai contatti con altri blogger che magari fanno quello che fai tu, ma con altri ciclisti? “All'inizio ne avevo di più, soprattutto con Maggie di “Andy Schleck best bike racer in the Universe” and Sansen by “Men, bikes, fishes and women”. Miss Fede di “My blog” è stata una buona amica per anni, siamo anche andate insieme al Tour de France nel 2009. Purtroppo quando ho litigato con Andy ho litigato anche con lei: con Andy abbiamo fatto pace, con Fede no. Mi è dispiaciuto molto. Comunque attraverso il blog ho conosciuto molte persone in tutto il mondo e alcune le ho anche incontrate di persona. Ultimamente me la dico di più con blogger maschi seri, anche se... sono un po' troppo 'competitivi' per i miei gusti. Diciamo che le blogger donne scrivevano per divertirsi mentre molti blogger uomini vorrebbero essere pagati come giornalisti... Uno, piuttosto famoso, l'ho dovuto bloccare su Twitter perché mi copiava le idee e non citava: alla lunga dà fastidio anche perché io cito sempre. Per me internet è bello perché è un'opera collettiva. “Prossimi impegni in agenda per “Allez Andy”? “Sto aspettando le risposte di un corridore per l'ultima intervista della serie Yes We Like. Quest'anno niente Amstel Curacao perché gli Schleck non ci sono. Aspetto una decisione sul caso di Frank Schleck e poi spero di ricevere l'invito a un training camp e/o alla presentazione della squadra per il 2012. Però sto anche meditando di andare a Natale in Lussemburgo... chi sa che non sia la volta buona!” Siamo al triangolo rosso. In queste righe ti ho trattata da blogger, ma da appassionata che ciclismo speri di ritrovare tra quattro mesi? “Sarò sincera: non mi piacciono affatto i toni forcaioli che leggo in giro. Il doping nel ciclismo c'è stato, si sapeva benissimo che c'era e il documento dell'USADA (letto tutto) non svela chi sa quali sconcertanti novità. Sono d'accordo con chi dice che il gruppo da alcuni anni è cambiato e che i giovani hanno una cultura diversa. Direi: hanno una cultura, studiano di più, hanno gli strumenti culturali per capire cosa è meglio, mentre i ciclisti di una volta e fino a pochi anni fa erano spesso estremamente ignoranti e sprovveduti. Non voglio giustificare tutti però i corridori sono l'anello debole della catena: nessuno si droga per divertimento e il grosso dei soldi è sempre andato ad altri. Pulizia è stata fatta già fra chi pedala, facciamola e bene fra chi dirige perché mi sa che lì è stato ed è il grosso del problema. Infine: mi fa piacere sentire che Acquarone vuole fare del Giro una corsa 'riders friendly', amica dei corridori, perché mi fanno ridere quelli che si stracciano le vesti per il doping e poi organizzano corse con tappe di quasi 300 km, cinque gran premi della montagna, ore di trasferimento... Siamo seri: se si deve correre senza doping e senza una medicalizzazione che ci va molto vicino (recuperi, antidolorifici, pillole per dormire) allora le corse devono essere più umane. Amen :)”

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