CANINS, BONANOMI, MARSAL, LENKA, FANINI, LUPERINI, SOMARRIBA, BRANDLI, BOUBNENKOVA, COOKE, PUCINSKAITE. NON E’ UNA SQUADRA DI CALCIO FEMMINILE, MA NEL LORO PICCOLO SONO 11 REGINE. REGINE DI COSA?
COME PROMESSO QUALCHE TEMPO FA, ECCO UN POST TUTTO PARTICOLARE. IL GIRO-DONNE RAGGIUNGE LE 20 EDIZIONI (MA QUALCUNO SE N’E’ ACCORTO?).
AUGURI!!!
La storia del Giro d’Italia femminile iniziò alla fine degli anni ’80, quando un nome mitico del nostro sport – Maria Canins – venne scritto in cima alla classifica finale del 1° Giro d’Italia Femminile. Era il 1988, e la Canins vinse il Giro femminile a 39 anni. La Germania era divisa in due. Non esistevano atlete ucraine, russe, kazake o chissà da dove, ma si parlava di URSS. Il grande Enzo Ferrari sarebbe morto di lì a poco, Derrick risolveva delitti ogni giorno all’ora di cena, l’Olanda vinceva i Campionati Europei di Calcio, e un ragazzo mai sentito prima di nome Andrew Hampsten era arrivato dagli Stati Uniti per diventare il 1° statunitense a vincere il Giro d’Italia.
In Italia erano gli anni dei paninari, dei Ciao elaborati con la sella lunga, delle leggendarie Ragazze Cin-Cin (…”diventeremo amici”…”assaggia e poi mi dici”…), Mino Reitano cantava “Italia” e Paolo Valenti ci raccontava la domenica di campionato.
In questa Italia, iniziò la storia del Giro d’Italia Femminile. I primi anni era una manifestazione considerata quasi di cornice. Il ciclismo era una lista che parlava di Argentin, Saronni, Lemond, Fignon, Roche, Kelly, Fondriest. Il Giro-Donne sembrava puro intrattenimento più che un’evento sportivo.
Maria Canins. La prima regina del Giro-Donne. Era il 1988.
Con l’inizio del decennio successivo, la gara a tappe femminile sembrava destinata a confermare questa impressione. Le edizioni del 1992 e 1993 non vennero infatti nemmeno disputate, e la competizione in rosa assomigliava a una parentesi arrivata e passata in poco tempo.
Arrivammo alla prima metà degli anni ’90; l’austriaco Roland Ratzenberger e il brasiliano Ayrton Senna morivano al GP di San Marino di Formula 1 dopo due schianti terrificanti. La stella del vicentino Roberto Baggio illuminava Torino e l’Italia calcistica. Un giovane ciclista romagnolo di nome Pantani esaltava le strade del Giro d’Italia e Craxi era scappato da poco dall’Italia.
Con la ripresa del Giro-Donne, a metà degli anni ’90 arrivò un’atleta destinata a diventare la numero 1 per il ciclismo di casa nostra. Nata a Pontedera, in provincia di Pisa, il 14 Gennaio del 1974, Fabiana Luperini ha vinto (fin’ora) 6 Giri del Trentino, 4 titoli italiani su strada, 3 Tour de France per citare le gare più note al pubblico. Ma parlando di Giro-Donne, la campionessa toscana ha messo il suo nome in cima alla classifica finale 5 volte. Il suo dominio inizia nel 1995 per proseguire negli anni ’96, ’97, ’98 e poi ecco che nel 2008 arriva il suo 5° sigillo a 10 anni di distanza. Altre cicliste hanno fatto in tempo ad arrivare, diventare campionesse, ritirarsi, e la Luperini è ancora vincente.
Fabiana Luperini: 5 Giri d’Italia (con 3 Tour de France e una Vuelta). Il mito del ciclismo femminile italiano.
Si arriva alla fine degli anni ’90. Nel ciclismo maschile sono anni tremendi. Il doping è passato quasi ovunque, e l’immagine del movimento maschile è inquinata come mai prima. Dall’altra parte, ormai il Giro-Donne si afferma tra le gare di punta del calendario internazionale. Le atlete più forti al mondo incrociano le loro spade sulle terre dello stivale, e nei primi anni del nuovo millennio è il nome di Edita Pucinskaite a farsi largo a livello internazionale. Ma nella prima metà di questo decennio, arriva dalla Svizzera – terra di orologi, banche, cioccolato e aria buona – un’atleta che, con 3 vittorie (2001 – 2003 – 2005), merita menzione in seno alla gara italiana.
Nicole Brandli è nata il 18 Giugno 1979 e all’età di 21 anni vince il Giro-Donne. Si ripeterà altre 2 volte nel giro di pochi anni. La continuità da lei dimostrata nelle stagioni successive (2° posto nel 2006 e 2° posto anche nel 2007), le fanno guadagnare la citazione come ultima grande protagonista di una corsa che in questo 2009 raggiunge il 20° anno di vita.
Nicole Brandli: bella, bionda e… vincente! (3 Giri d’Italia con 2 secondi posti).
Ed ecco l’anno del Giro-Donne numero 20; è il decennio in cui un ciclista americano vince 7 Tour de France uno dietro all’altro, il Papa è tedesco, e il mondo ha smesso di parlarsi di persona perché ora usa uno strumento inventato (a quanto sembra) dalle forze armate americane negli anni ’60, che tramite un semplice filo del telefono collega tutti a tutto il mondo.
Oggi il Giro d’Italia femminile arriva alla 20^ edizione. Rispetto al 1988 gode di maggior attenzione, ma che è sempre un decimo rispetto a quello che è il fenomeno del ciclismo maschile. Ne è prova l’edizione 2007, dove non si sapeva ancora – a pochi mesi dall’inizio – se la corsa ci sarebbe stata. In quell’occasione infatti le tappe furono per buona parte delle frazioni in circuiti, vista la difficoltà di organizzare frazioni in linea senza qualche mese di anticipo. La corsa si svolse, ma fu nel 2008 che la manifestazione tornò ad essere più itinerante, come una gara a tappe dev’essere.
Ci sono persone che seguono le ruote rosa, ne parlano, magari ne scrivono da qualche parte. Ma esiste ancora una mentalità scema in cui la fatica delle donne non riceve l’attenzione che meriterebbe. Dalla Canins alla Luperini tanti sforzi sono stati fatti per aumentarne la visibilità, ma i risultati sono stati modesti. Se provate a raggiungere le mitiche pagine di Wikipedia dentro il Web, troverete poche righe nei confronti del Giro-Donne.
E sia. Teniamoci strette queste poche cose, con la speranza che la voglia di fare ogni anno qualcosa – anche soltanto poco di più, ma bene – sia sempre presente.
Intanto, caro Giro-Donne buon compleanno per queste 20 candeline. E che il vento della passione soffi forte su di loro!
Fiuuu!... che lavoraccio. Vabbé, ora preparatevi ad un post dedicato al doping per sapere la vostra su alcune cose. W il ciclismo donne, buon lavoro ad Ale che ha dato il via al nuovo sito, e via così.
2 commenti:
La Luperini è stata negli anni 90 la Charly Gaul al femminile. Stesso stile, se ci fate caso. Stessi distacchi nelle frazioni di montagna. E l'aver vinto un Giro d'Italia a distanza di dieci anni dal suo ultimo successo è la prova che questa atleta ha sempre avuto classe e non altro, come i maligni andarono a pensare a suo tempo, rovinando di fatto una carriera che poteva essere ancora più nella di quello che è stata.
Jaqueline Hahn, segnatevi questo nome, anche se per ora non vi dice granché. La ragazza mi è stata segnalata da un mio amico molto informato sul ciclismo femminile svizzero/tedesco. Ancora qualche anno e sarà un fattore nelle corse di un giorno e a tappe; tiene bene in salita e va forte a cronometro
PS Lo so é off topic, ma passavo di qui...
Posta un commento