Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
venerdì 1 maggio 2009
Maggio; l'editoriale.
Luigi Ganna; il primo..... dei primi!
LA POESIA DI VENEZIA, LA LEGGENDA DELLE DOLOMITI, LE TAPPE SUGLI APPENNINI DELL’ITALIA FERITA A MORTE, E POI L’ARRIVO NELLA CITTA’ ETERNA. RIEMPIAMO LE BORRACCE CON LA NOSTRA PASSIONE E FACCIAMONE POESIA. TOCCA AI CAMPIONI E ANCHE A NOI. 3.395 CHILOMETRI E UN SECOLO D’ITALIA.
ECCO IL GIRO DEI 100 ANNI.
1° MAGGIO; MANCANO 192 ORE ALL’INIZIO DEL GIRO D’ITALIA.
Praticamente 300 croci; l’Italia del Giro 2009 inizia da qui. Tanti decenni fa, quando la guerra sbriciolò la nostra penisola, il ciclismo era in bianco e nero. Chi aveva qualche centesimo (di lira) in tasca, poteva acquistare il settimanale La Domenica del Corriere, dove i volti dei campioni dello sport erano disegnati da maestri della matita. La gente si riuniva sulle strade, bianche e polverose, per regalarsi un momento di gioia. Non erano automobilisti in coda, ma contadini che lasciavano il campo di grano o di patate per un paio d’ore. Ecco ad un tratto il passare dei campioni che molti conoscevano per sentito dire. Era il Giro dei racconti di chi, fortunato, aveva assistito al passaggio della corsa. Era il Giro delle radiocronache che ci raccontavano di; “…un uomo solo al comando. La sua maglia è bianco-celeste… il suo nome è Fausto Coppi!”, che tanto hanno fatto scrivere. Era il Giro dei ciclisti che nelle tasche avevano il panino con il pezzo di formaggio, dell’acqua che arrivava dalla fontana, delle banane quasi rubate da un carretto, con la promessa – mai mantenuta – che sarebbero state pagate.
L’Italia di oggi è lontana da quegli stenti, miserie, patimenti. Ma saranno tappe velate di dolore quelle che arriveranno vicine alle terre d’Abruzzo colpite dal terremoto, in una Pasqua passata da un pezzo che mai è stata così triste da tanti anni. Forse saranno benedette come non mai, le 3 settimane che da qui a pochi giorni racconteranno l’Italia della passione e della fatica. Far dimenticare per 2 ore al giorno quello che una notte della Settimana Santa ha portato.
Ma quando parte un giro d’Italia è anche il nostro momento. E si, perché siamo noi lo spettacolo vero, genuino e vario di quello che ormai non è più una manifestazione sportiva. Ormai è tempo di parlare del Giro come di una pagina che abbraccia anche la nostra cultura. Ed è tempo di rivedere il ragazzino che, saltata la scuola grazie alla passione di papà, adesso saluta felice la strombazzante carovana colorata, com’anche di tornare a bere un bicchier di vino con chi magari nemmeno conosci e rivedrai mai, o magari di fare la foto ricordo davanti ad un tavolo imbandito, perché il pranzo è fatto sul prato di una montagna a quasi duemila metri dove passano centinaia di appassionati ciclisti in 6 o 7 ore di attesa. L’Italia del Giro mette il vestito a festa, e non serve che siano le campane della chiesa al mattino, a dirci che è veramente un giorno di festa. È tempo di Giro d’Italia e per 3 settimane ogni giorno è domenica, come disse Indro Montanelli.
Ci sono i campioni, le salite, le volate, gli scatti, le ammiraglie, le gambe che fan male dei ciclisti, le gambe da guardare delle miss, la maglia rosa, le montagne, Stanlio & Ollio in cabina di commento e spero rivedremo il parrucchino di Mario Beccia. E ritroveremo anche i racconti di chi, più avanti con gli anni, ci racconterà di quella volta in cui Saronni…, di quando Fignon…, di quella volta che Pantani…, di quando Bugno, Indurain, Simoni, Cipollini e tanti altri. Lasciatemi dire che la scelta di saltare quasi tutte le Dolomiti è stata casualmente azzeccata. Con il tempo che abbiamo avuto ad Aprile, sarebbe stato necessario far anticipare la carovana della corsa non dalla carovana pubblicitaria, ma dai mezzi spargisale dell’ANAS.
Quattro generazioni di sogni. È il Giro d’Italia dei 100 anni e manchiamo solo noi. Che aspettiamo gente? È un po’ la festa di noi appassionati (e appassionate). Gonfiamo le nostre ruote, perché finalmente si parte.
AGGIUNTA; ho volutamente tagliato una parte che era riferita ai protagonisti attesi al Giro. Ho sempre pensato che una qualunque persona adulta abbia una possibilità bellissima ed importante; rinunciare all’egoismo e saper essere un’esempio per chi è più giovane. Quando trovo l’amico Shaka che mi lascia un suo commento – giustamente molto amareggiato – sulla vicenda Rebellin, vedo tra quelle poche righe un’altra occasione che il ciclismo ha buttata nel cesso. Usiamo allora la rabbia che sentiamo per diffondere l’idea più bella del ciclismo che piace a noi.
Si ricordino tutti quei ciclisti che seguiamo tra giornali, TV o sui cigli delle strade, che tradendoci con la falsità quelle le stesse strade inizieranno a svuotarsi, e che saranno stati loro stessi gli artefici dell’uccisione della loro stessa passione. Se è questo che vogliono facciano pure, ma sappiano che il male che fanno a noi appassionati veri, senza troppi “prima o poi” lo riceveranno indietro, trovandosi a pedalare senza incitamenti attorno a loro. A Shaka mi vien da dire; “Portiamolo noi l’esempio e non svuotiamo le nostre borracce.”
Altra cosa; da fonte certa avevo saputo da settimane della positività accertata della Cucinotta. Ora questa notizia arriva sui giornali (Gazzettino), proprio nel momento dedicato alla rogna di Rebellin. Cos’è, che adesso escono uno dietro all’altro?
Se vi interessa, consiglio di prendere in edicola (con la Gazzetta a 16 euro) il libro ufficiale del Giro del Centenario; è abbastanza caro, ma trovano posto foto molto belle e rare dei più amati campioni dall’archivio Gazzetta, con articoli che raccontano tantissimi momenti storici ed epici. Oppure lo trovate in libreria. È fatto proprio bene e racconta 100 anni d’Italia. Scusate la lunghezza ma questo mese è andata così.
Con un bacio all’Abruzzo.
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1 commento:
C'è sempre un punto che non torna, cioè il fatto dell'avanguardia dei prodotti dopanti e la lentezzarretratezza dell'antidoping. Per quest'ultimo motivo, penso che la situazione sarà sempre un pò altalenante. Non mi aspetto più nulla di troppo positivo. Quando sento parlare dell'era degli anni 90 come quella peggiore, dico, sono stati anni allucinanti che hanno portato anche alla morte certi ciclisti, però, non crediamo alle favole che certi telecronisti o addetti ai lavori ci fanno passare per vere. Il doping tutt'ora c'è e continua ad esserci. Inutile stupirsi, normale arrabbiarsi.
Del resto, l'ambiente fa schifo, nessuno che si sbilancia, tutti uniti per proclamarsi puliti e quando uno esce dai soliti schemi viene castigato dagli altri (vedi Simeoni per esempio). L'esclusione del campione italiano (se ne parla poco) è una macchia al Giro del Centenario che gli preferisce Armstrong solo perchè ha vinto 7 Tour che di pulito hanno ben poco! Insomma, secondo me andare avanti in questo modo non è producente e anzi, porterà i giornalisti ad accanirsi sempre più sull'argomento doping.
Infine, il fatto di vedere altri dopati, fatti passare per puliti, andare a vincere il Giro, non mi stuzzica per niente. Si certo, sarò presente in una o due tappe ma più perchè è l'edizione del Centenario e quindi un grande evento, non certo per andare a fare il tifo per qualcuno.
Capitolo "Esempio". Per me, le uniche persone che possono essere di esempio a questo sport sono quelli che fanno i cicloturisti e che nella loro vita usano la bici per un solo scopo incondizionato, la passione. Bisognerebbe ripartire da qui. Questo è il vero esempio per i giovanissimi. I genitori fanatici delle prestazioni dei figli, sono un'altra delle cose pericolose. E' l'inizio della fine e quei genitori che sanno a cosa potrebbero andare incontro i propri figli nelle categorie maggiori, sarebbero da castrare. E con questo chiudo.
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