«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

mercoledì 1 aprile 2015

Aprile; l'editoriale

Tre anni e mezzo addietro la bicicletta rosa italiana era rappresentata in primis da una due volte iridata (consecutivamente), che al tempo raccontava com’era messo il ciclismo femminile. Sono passati quarantatre mesi.
“È sempre stata una delle poche ad aprir bocca per parlare anche delle cose che non funzionano. Non essendo una che cambia un fidanzato ogni due mesi, per far parlare di sé doveva vincere, perché se arrivava seconda figurati se ti correvano dietro per chiederti anche soltanto che ora fosse. Durante la conferenza stampa post-iride-bis (Copenhagen 2011) si espresse con una frase che indirettamente conteneva tanta amara realtà, che se non si segue con un minimo d’attenzione il ciclismo rosa può dir poco e sembrare pura cordialità di circostanza; “La settimana prossima sarò in albergo a Montichiari per i campionati nazionali. Se qualcuno vorrà intervistarmi sarò a disposizione”. Diventò protagonista di un servizio di poco superiore al minuto, mandato in onda a orari da bestemmia. Ma in quel periodo raccontò anche di argomenti che figurati se i suor alessandristi di turno toccavano. E allora venivi a sapere che i premi di tappa al Giro-Donne erano una cosa che gridava vendetta, che l’enorme maggioranza delle cicliste portavano a casa uno stipendio ch’era roba da non credere se comparato con stipendi minimi di altre professioni, che chi aveva un bagaglio tecnico vero dal punto di vista della competenza si doveva trovare un lavoro per aiutare in una palestra (con i ringraziamenti dell’allenatore pensionato che non costa una lira se non poco e quindi conviene), che già vedeva di come una eventuale riforma fatta in casa nostra se fosse arrivata lo avrebbe fatto con tempi enormi e tante tribolazioni, che una specialità come la ginnastica artistica può avere la sua parte anche nella specialità ciclistica, e che il ciclismo era ‘tatuato’ nel cervello della gente come uno sport solo per maschi. Che bello sarebbe ritrovare Giorgia Bronzini e chiederle se riguardo a queste cose ci sono state delle novità al riguardo”

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