Per anni in questo spazio web scrivevo (a modo mio) di ciclismo, da luglio 2017 è solo uno spazio di lettura. I motivi li trovate nel primo articolo qui sotto.
«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.
martedì 28 maggio 2013
"L'ho fatto per i ragazzi di oggi" (venerdì 15 ottobre 2010).
NON E’ UN MISTERO CHE IL MONDO DELLO SPORT SPESSO CREI UNA ‘DIPENDENZA’ DALLO STESSO. SE POI HAI DEL TALENTO, VIVI IN MEZZO A GENTE CHE TI DICE SEMPRE SI, E UN GIORNO SCOPRI CHE IL GIOCO DEVE PER FORZA FINIRE….
La speranza è che adesso Di Luca passi un sacco di guai, per le rogne che ha portato a Luca Scinto, al Giro, e per l’ennesima imbecillità regalata al nostro ciclismo da uno dei suoi peggiori rappresentanti. Anche se Suor Alessandra, colonna portante dell’SCO (Sacro Convento dell’Omertà) ha già tentato di levigare la questione con la specifica del “caso umano” (andasse a guardare le famiglie che pagano 500 euro al mese di affitto e ne portano a casa 1200, con un paio di marmocchi da tirar su, prima di dire che il caso umano è Di Luca), fa piacere che i ciclisti più giovani – da Nibali in giù tanto per capirci – hanno preso bene le distanze dal cretino abruzzese, e parrebbe che un’azione legale nei confronti dell’ex ciclista della Fantini verrà fatta. Di Luca si merita di restare in mutande, se poi vorranno regalargliele rosa gli staranno ancora meglio. Scrissi in data 13 febbraio del codesto anno di Grazia che i ciclisti più giovani dovevano; “…..Staccarsi, prendere le distanze, andare avanti per la propria strada. E se qualche “vecchio” santone del ciclismo o qualche ex ciclista degli anni passati gli desse del ragazzetto arrogante, dicano a quel santone o a quell’ex ciclista di andare a vedere le cronache anti-doping degli ultimi tre lustri, dicendo che i giornali non li hanno scritti loro ma chi ha semplicemente riportato la cronaca.” Certamente non basta. Ma è l’inizio che ci vuole. Danilo Di Luca rappresenta quella categoria di persone incapaci di capire che la vita non è solo classifiche, interviste, o gente sorridente che ti applaude anche se sputi per terra. La vita ‘normale’ per molti atleti è una realtà che non riescono a comprendere. Quella che racconta di un litro di latte che ti manca in frigo e devi andare a comprartelo, che il rotolo di carta igienica vicino al water non lo trovi sempre pronto per via dello Spirito Santo, ma perché te lo devi cambiare quando vedi che mancano poche ‘rullate’ alla sua fine. Situazioni vissute in maniera più o meno uguale da Schumacher (Michael), Armstrong, oppure l’innominabile (per la cricca RAI) Cipollini, con il suo rientro alle gare tentato dopo un paio d’anni dal ritiro. Un rientro, quello di Re Imbroglione, che durò pochi mesi. Seguirono altri tentativi di reinserirsi nell’ambiente prima come ‘motivatore’, come tecnico, poi come un simil-preparatore atletico – qualcuno ricorda quando seguiva le ragazze della MCipollini? – e il tentativo di un nuovo rientro nel 2012 (la Vini Fantini usa biciclette Cipollini e l’anno scorso il percorso del Giro era molto ‘morbido’ nella sua prima metà). Per fortuna Scinto gli fece capire subito che non era cosa.
Succede. Quando sali su di una bicicletta che sei un ragazzetto delle scuole medie, capita che se mostri talento trovi chi ti sprona a proseguire. Allora, gasato in totale buona fede da questo, lo fai. Magari cogli risultati di primo piano che automaticamente ti convincono a continuare. Quasi ogni giorno passi ore a pedalare per migliaia di chilometri ogni anno, la bici diventa la tua vita. Se poi sei un ciclista forte, sei un’atleta che fa la differenza, finché vinci trovi spesso persone che ti dicono sempre si, e faranno sempre il possibile per continuare a farlo. Diventi figlio dell’ambiente, finché ne diventi dipendente, parli e incontri solo persone che hanno a che fare con la bicicletta, credi che finché riuscirai a stare in sella a quegli aggeggi che oggi costano lira di Dio riuscirai a stare al mondo, perché prima di vincere con la bicicletta nessuno ti guardava. Poi quando scendi capisci che non sai nemmeno attraversare la strada senza qualcuno che ti dica come si fa. Gli anni passano, e quando ne sono passati tanti non lo accetti. Te lo tieni per te, però nel contempo cerchi di non uscire mai da quel mondo. Diventi come il bambino consapevole che se scende da quella giostra, facilmente non si divertirà più. In quel mondo ci sei cresciuto, mentre sai che se nell’altro ti chiederanno di piantare tre chiodi in un pezzo di legno, a metà del secondo lo starai già piantando storto. E questo è meglio non succeda. Succede ogni giorno nello sport, nell’ambiente del cinema, della musica, della politica, in tanti ambienti. Di Luca una vittima? No. Di Luca per restare nel ciclismo, nel mondo degli applausi, della notorietà, ha imbrogliato. Per di più lo ha fatto ancora, fregandosene di quel che faceva al suo corpo, alla gente che lavorava con lui, allo sport che praticava. Lui che andava a parlare nelle scuole per riabilitare la sua immagine, e raccontava ai ragazzi quello che non dovevano fare. Per far correre lui, Luca Scinto è stato obbligato a lasciare a casa un altro dei suoi ciclisti. e visto che Di Luca è stato integrato nella squadra pochi giorni prima del Giro, chi ha dovuto rinunciare probabilmente stava facendosi un sedere tanto per correre la corsa da almeno due mesi, forse tre. Danilo poteva restarsene a Pescara nel suo negozio di biciclette, che a quanto pare è pure un bel negozio. Davide Malacarne della Europcar ha scritto giustamente del suo ‘Tweet’ che l’abruzzese andrebbe pigliato a calci in c**o. Se un giorno mi capita di incrociarlo di nuovo in bici – Malacarne, non Di Luca – mi viene voglia di dirgli che casomai gli presto io le mie scarpe da lavoro con la punta anti-infortunistica.
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