«Non ho mai potuto fare il dirigente sportivo perché nel nostro Paese la competenza nello sport è un elemento di destabilizzazione». Pietro Paolo Mennea.

giovedì 9 gennaio 2014

Il ciclista, il lavoro, la stagione, il dietro le quinte (seconda e ultima parte)

SE FINO A 20 ANNI FA LA STAGIONE SI PREPARAVA O SI PERFEZIONAVA ALLUNGANDO DI 10 CHILOMETRI UN’ALLENAMENTO, OGGI LA PAROLA PASSA A PERSONAL COMPUTER, MICROCAMERE, TEST FUNZIONALI E COMPAGNIA BELLA.
Negli ultimi 20 anni in particolare la strada modellava la base degli atleti, e poi arrivavano i medici che costruivano le differenze tra questi. Oggi i dottori ‘stregoni’ sembrano sulla via dell’estinzione a causa dei preparatori atletici. Se di veri preparatori si tratta. Quando infatti saltan fuori ex ciclisti che quasi si auto-promuovono nel ruolo di preparatori, allora capisci che la benedetta svolta è ancora lontana. Ma se Dio vuole esistono figure professionali che armate di laurea in Scienze Motorie – e non di classiche vinte – iniziano a trovare spazio. Alcune formazioni si affidano ad un gruppo di preparatori, che comunque sono diretti da un’unica regia. Ciclisti e preparatori prima di essere quel che sono, sono persone. E le persone possono avere modi di vedere le stesse cose in maniera diversa, o in maniera diversa volerle raggiungere. Con più di un preparatore questo ostacolo viene superato, affidando un’atleta ad un’altro esperto motorio ed il lavoro può proseguire senza ritardi. Questi esperti solitamente sono presenti nei ritiri invernali e anche alle corse, e seguono un gruppo che non supera per ognuno le cinque o sei persone. C’è un lato poco gradito ad alcuni ciclisti. Le tabelle, i test, le prestazioni, quando interpretati da chi sa come farlo possono far capire se un’atleta ha veramente lavorato come dice, o sta raccontando emerite balle ai suoi dirigenti. Una nota formazione World Tour italiana aveva ciclisti che non volevano saperne di render da conto al proprio DS sui loro allenamenti. Non era solo questione di voler andare ‘a sensazioni’ ma di voler fare come gli pareva (e pare). I test più importanti sono quelli invernali, perché sono quelli che vengono usati per dare gli indirizzi ai DS, che poi decideranno coi ciclisti stessi come impostare la prima parte di stagione, periodo che fa d’automatico trampolino di lancio per il resto dell’anno.
Una cosa che viene seguita con più attenzione che non in passato – e che fu evidenziata in maniera eclatante da Lance Armstrong che ne fece un’arma micidiale – è la cadenza di pedalata. È un lavoro che si comincia in palestra, seguito da molti allenamenti stradali con il ‘fisso’ usando rapporti agili. La media che viene cercata in queste uscite gira intorno alle 80 pedalate al minuto. Però attenzione: in questo dato si conteranno anche i momenti più faticosi lungo le ascese. Per questo le salite d’inizio stagione non sono certo delle simil Alpe di Pampeago. I test potenza/cadenza fatti nel centro medico vengono messi in atto per capire quale potenza di pedalata sia in grado di raggiungere un corridore (i famosi Watt). Alcune valutazioni posso guardare all’età dell’atleta. Allenare un ciclista di 25 anni ed uno di 35 vuol dire non poter pretendere gli stessi esiti da allenamenti specifici fatti all’uno o all’altro. Con l’invecchiamento si perde forza e fondo, ma il secondo valore patisce una perdita di rendimento inferiore. La tecnologia odierna non è solamente applicata all’esercizio in se. Ma permette di seguire in diretta l’atleta, anche se lontano, nell’allenarsi per conto proprio. Una microcamera può essere montata sulla bicicletta per vedere fisicamente la bicicletta muoversi per strada e inviare i dati che all’istante vengono spediti dal computerino di ‘bordo’. Molto più semplice di quel che può sembrare. Questa potente invasione tecnologica nel ciclismo – sport raccontato ancora da alcuni giornalisti/e come se fossimo ai tempi di Girardengo – è malvista da molti ciclisti che (come scritto in precedenza) non vogliono saperne di dover render conto a chi li dirige di quel che fanno quando si allenano per i fatti loro. Questi comportamenti solitamente sono tenuti solamente dai ciclisti più importanti, perché sanno che nel ciclismo non esiste la panchina, e che se anche dai dell’imbecille rompicoglioni al tuo DS, gli sponsor e gli organizzatori si metteranno in mezzo ed impediranno a quel DS di lasciarti a casa.
Tra le prove che oggi vengono messe in pratica, una si chiama Wingate 30” e dal nome si evince che si tratta di una prova di durata molto breve, ma che deve essere fatta alla massima intensità. Serve per visionare la capacità anaerobica lattacida. Una prova molto buona per le valutazioni delle ruote veloci. Nei primi secondi viene raggiunta la massima intensità, nei successivi entra in scena la valutazione riguardante la capacità o meno di tenere quella cadenza/potenza, e di quantificare quale sia quella che l’atleta riesce a sostenere. È un test che, nonostante faccia parte del ciclismo moderno, vive grazie ad un vecchio sistema di valutazione. Il mozzo della ruota posteriore viene unito ad un volano per trasformarsi nel più semplice dei rulli. Spesso capita che i ciclisti scelti come gregari, faticatori, chiamiamoli come si vuole, vengano messi assieme per dei periodi di allenamento – quando il calendario delle gare lo permette – perché il loro lavoro in corsa sarà ben diverso da quello dei capitani che faranno la vera corsa solamente negli ultimi 40 chilometri. Gli allenamenti saranno impostati in modo diverso, con carichi di fatica diversi. Il resto del lavoro verrà valorizzato dalla strada, dove watt, ripetute, potenziamento, frequenza, soglia, RPM, VAM e compagnia cantante si tramutano nel gesto ciclistico che può darti la gloria che cercavi, o solo un muso lungo accompagnato da un gran mal di gambe da portarti a casa come trofeo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Post COMPETENTISSIMO, viene male a pensare che troppi giovani sono in mano ad autentici bovari* che hanno preso il patentino negli anni '70, che non sanno far altro che dire "VAI AVANTI !!!", che mettono una pressione assurda su corridorini inesperti per usare un eufemismo, che fanno passare l'ultima corsetta di paese per un "Fiandre"e di allenamento non sanno una beneamata.

*Sempre ai loro posti, anno dopo anno, dopo anno, dopo anno...


Alessandro Oriani

Manuel (Ciclismo PST) ha detto...

Ringrazio per l'apprezzamento, che idealmente giro ai testi da cui ho attinto.
Sul "sempre al loro posto..." vedi Riis che dopo aver ammesso davanti al mondo di avere vinto il Tour con l'EPO, ancora lavora nel ciclismo.

Anonimo ha detto...

Bè lì parliamo di alto livello, io miravo alla base: ogni anno la mia ex squadra organizza una corsa per la categoria allievi che finisce proprio sotto casa mia, ebbene, i ds sono sempre quelli, anno dopo anno, dopo anno, dopo anno... Basta sentirli parlare (quando parlano) per capire che non sono delle "aquile" :-)


Alessandro Oriani


Alessandro Oriani